lunedì 25 luglio 2016

DUE TESI OPPOSTE SULL'ISLAM DA ABBANDONARE AL PIU' PRESTO

Malgrado lo ritenga del tutto ovvio e quindi in linea di principio ritenga superfluo specificarlo, io credo che dovremmo fare pulizia completa di due tesi opposte sull'islam, e la necessità della specificazione risiede nell'evidente clima da stadio che su queste questioni si è formato (io personalmente sono stato accusato di avere detto corbellerie, anche se a tuttoggi non mi è stato ancora detto quali sarebbero queste corbellerie)...

La prima tesi che andrebbe abbandonata il più presto possibile, è quella che fa coincidere islam e terrorismo. Non credo che sia necessario portare alcun argomento per smentire una tesi così priva di riscontri sperimentali, a partire dal fatto che tutti sappiamo che la gran parte dei musulmani sono delle persone del tutto pacifiche che non si sognerebbero mai di uccidere persone solo in nome di una causa anche se portata avanti in nome del loro stesso Dio. 

La seconda tesi è quella opposta, e consisterebbe nel separare totalmente l'appartenenza religiosa e la pratica terroristica.
 
Anche questa seconda tesi collide frontalmente con quanto osserviamo. I terroristi che sono stati identificati, in particolare nel caso degli attentati compiuti in Europa, sono risultati essere giovani nati in Europa, cittadini europei, nati da genitori musulmani immigrati.
 
Come scrissi già parecchi mesi fa, qui succede qualcosa che potremmo definire "la doppia cittadinanza". Costoro, seppure a pieno titolo membri della società in cui sono sempre vissuti, riconoscono una seconda cittadinanza, quella islamica, a cui si sentono legati più fortemente rispetto alla nazione che li ospita. 

Del resto, esiste un'esperienza storica ormai millenaria, che è costituita dagli ebrei che, malgrado la diaspora che li ha portati un po' in tutte le nazioni a partire da quelle europee, non hanno mai smesso di vivere la loro religione non solo come un'esperienza intima di rapporto tra ciascuno di loro e Dio, ma come un segno di appartenenza, come fattore comunitario tra loro ebrei, costituendo così un primo esempio di doppia appartenenza, cittadini del paese che li ospita, ma anche membri della comunità ebraica.
Ebbene, è presumibile che per gli islamici si prefiguri una situazione analoga, costoro sembrano destinati a vivere anche per centinaia di generazioni in occidente sentendosene un corpo separato.
 
Come nel caso degli ebrei, è l'appartenenza religiosa a configurarsi come il fattore guida di tale separatezza.  
Direi che è proprio nella natura delle religioni monoteistiche quella di giocare da fattore di separatezza, in quanto esse costituiscono ben più che un astratta fede in un Dio e della conseguente morale personale.
 
In verità, la morale personale è un'invenzione del pensiero liberale che tenta di ricacciare nell'individuo questa dimensione etica che in realtà è invece collettiva. Le religioni sono ben più che fedi affidate ai singoli fedeli, esse sono un progetto sociale ed umano complessivo che come tale non può che riguardare la totalità delle vite individuali. La difficoltà di vedere questo aspetto deriva dal fatto che il cristianesimo è stato già da tempo sconfitto dal liberalismo e confinato in un ruolo subalterno di scelta individuale, fino a potere oggi affermare che il cristianesimo ha già da tempo smesso di essere una religione ed è divenuto un credo individuale, come potrebbe essere una tesi filosofica. 

Ebraismo e islam sono invece vere religioni monoteistiche, la cui convivenza con società laiche si pone sempre in termini problematici, cioè non è scontata, come del resto è stato per il cristianesimo per secoli, prima che esso venisse nettamente sconfitto.
Nel caso della religione musulmana, la cosa appare più problematica a causa della sua stessa natura. L'islam deve la sua stessa esistenza, a differenza del cristianesimo e dello stesso ebraismo, all'espansione militare che ha riguardato proprio la sua stessa nascita, la lotta agli infedeli ne è quindi un'espressione intrinseca, essa si configura come la verità che deve essere diffusa con tutti i mezzi possibili.
Di conseguenza, seppure gli jihadisti costituiscano una sparuta minoranza dei musulmani, seppure ovunque essi si trovino la massima parte di loro conducano una vita pacifica se noi occidentali glielo permettiamo (visto che generalmente proteggamo i nostri interessi ovunque nel mondo a danno di chi capita), o vorrebbero comunque condurre una vita pacifica e sono quindi spinti, quando vengono a stabilirsi da noi, a gravosi compromessi per stabilire forme pacifiche di convivenza, forme di solidarietà intramusulmana permangono.
 
Si spiega così come è stato possibile per un terrorista islamista vivere indisturbato da latitante a Bruxelles, evidentemente protetto dalla popolazione di un quartiere a grande maggiornanza musulmana. 

Poichè la piena convivenza pacifica in una società laica richiede uno snaturamento della religione musulmana, dobbiamo nostro malgrado ammettere che, oltre agli jihadisti pronti a sacrificare la loro stessa vita per la causa islamista, esiste una fascia piuttosto ampia di musulmani che pur incapaci di uccidere loro simili per motivi religiosi, sentano tuttavia forme di solidarietà verso gli stessi jihadisti, pronti quindi alla bisogna ad operare solidarmente con loro.
 
Rendersi conto di questi fattori di problematicità che le nostre società subiscono dalla forzata convivenza con comunità musulmane al loro interno, dovrebbe divenire sentimento comune, invece di essere semplicemente ignorato. 
La mia opinione in proposito è che sia sempre preferibile la separazione fisica.
La ragione delle immigrazioni sono quasi totalmente da ascrivere dal nostro interventismo occidentale che finisce col rendere inabitabili i loro luoghi di provenienza,e che quindi la vera soluzione vada cercata nel cambiare le nostre politiche governative, nel combattere quindi ogni forma di globalismo. Anche i musulmani preferirebbero, solo se i potenti del mondo che provengono dalle nostre società, glielo permettessimo. 

Non c'è quindi alternativa, dobbiamo cambiare le nostre società e la nostra politica, governare i nostri territori, e lasciare i territori altrui agli abitanti del luogo, ogni altra ipotesi non risolverebbe nessun problema.

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