martedì 22 marzo 2016

A QUANDO LA CAMPAGNA "ADOTTA UN CAPRONE"?

Certe persone sembrano avere difficoltà a rendersi conto che non è possibile di fronte a qualcosa che ci offende o che ci disgusta o che ci indigna, pensare che tali sentimenti siano di per sè sufficienti a eliminare la causa di tali sentimenti.
Se vogliamo superare una certa situazione che non condividiamo, non resta che rintracciare la soluzione che quasi sempre non è ovvia. 
Le presenti riflessioni mi sono state sollecitate da una recente campagna trovata su fb, tesa a combattere l'uccisione, come si sa concentrata nel periodo pasquale, di agnelli e capretti, a scopo alimentare. 
A scopo di provocazione didascalica, avevvo scritto il seguente breve post: 


"A proposito della campagna "salviamo gli agnelli dalla strage pasquale", io lancerei la campagna "adotta un montone".
Per chi non ne fosse informato, un agnello di sesso maschile, crescendo, pare che diventi un montone. Ora, cosa ne dovremmo fare di tanti montoni quante sono le pecore (statisticamente)?
O smettiamo di allevare pecore, o dobbiamo rassegnarci all'idea che gli agnellini siano uccisi per allietare la nostra tavola, evitando che diventino montoni, aggressivi, famelici tanto che nessuno ne vuole tra i piedi.
Quindi, chi ha un gatto ed un cane in casa, trovi anche un posticino per un montone".
 
Volevo così sottolineare come la campagna contro l'uccisione dei piccoli, in caso di suo successo, non avrebbe, come sembrano credere i sostenitori della campagna, l'unico effetto di impedirci di assaporarne la squisita carne, colpevolizzando il nostro ruolo di consumatori, ma ci imporrebbe di fare crescere un numero imponente di montoni e caproni che, al contrario delle femmine, non danno latte, ed almeno nel caso dei caproni, nulla di economicamente vantaggioso. Che farne allora dei maschi adulti, che sono aggressivi, famelici e nessun allevatore potrebbe tenere in quantità (qualche esemplare serve per la riproduzione, naturalmente), a meno di determinare il fallimento della propria azienda?
Vorrà dire che chi difende gli agnelli, si terrà in casa il montone sopravvissuto.
In questo caso, dobbiamo decidere se non li facciamo nascere, con le conseguenze del caso sull'allevamento di pecore, o se accettiamo che la sorte inevitabile di un agnello maschio è di essere utilizzato per essere mangiato.
Capisco le ragioni degli animalisti, non capisco però che si dica che bisogna finire di ucciderli, perchè questa non sarebbe una soluzione, purtroppo la soluzione è molto più radicale ed impegnativa.
 
Dobbiamo probabilmente riflettere sulle tematiche relative all'allevamento, e dobbiamo farlo con occhio asciutto, non intravendendo le cose attraverso il pianto. 

Ancora una riflessione sugli animalisti, che trovo, lo dico sinceramente, persone in genere amabili, probabilmente nella media migliori di noi che animalisti non siamo.
Apprezzo molto gli animalisti che sostengono la necessità di sterilizzare le cagne, e ciò che apprezzo, al di là dell'aspetto specifico, che in sè non piace a me come sono certo non piace neanche a loro, è questa capacità di venire a patti con i propri sentimenti, di farsi carico di contemperare quell'amore per la natura che in noi, come parte della natura, è un sentimento spontaneo, con i vincoli di aver scelto come umanità di fondare e vivere in contesti civili.
 
La civiltà, come parte della cultura, non è automaticamente naturale, ed anzi sembra spesso collidere con ciò che noi designamo come natura.
 
La scelta culturale ci impone un passaggio che chiamerei mediazione culturale. 

Tra il nostro spontaneo sentimento di protezione degli animali, che pure includerebbe la salvaguardia dei loro aspetti istintuali, incluso quello di riprodursi, e la constatazione che questo stesso loro tutoraggio da parte nostra ha già sconvolto il quadro che potremmo definire naturale, definiamo un quadro anch'esso culturale, ma in cui inseriamo esplicitamente un'ipotesi concreta di loro protezione con vincoli, appunto quelli di impedire certi meccanismi naturali che sono indiscutibilmente incompatibili con la nostra civiltà.
 
La natura è come si sa una sprecona, per ottenere i suoi risultati, tratta gli esseri viventi individuali come numeri. Un albero di ciliegio è in grado di fare anche centomila fiori, quando per la riproduzione dei ciliegi, basterebbe un unico seme (che anzi sarebbe già troppo).
Allo stesso modo, potenzialmente ogni cagna potrebbe procreare anche venti cuccioletti l'anno, ma è evidente che questo ritmo di riproduzione sarebbe del tutto incompatibile con risorse alimentari sufficienti per tutti questi cani. Bene, ci sarà una selezione naturale, per cui solo i cani che hanno avuto una madre adeguatamente abile e che una volta adulti sapranno prevalere sugli altri nel procurarsi il cibo, sopravviveranno ed avranno anche la possibilità di riprodursi.
Se noi semplicemente intervenissimo in questo meccanismo naturale garantendo il cibo a tutti i cani, ma permettendo loro di riprodursi liberamente, in pochi anni non ci sarebbero risorse alimentari sufficienti per questi cani e li dovremmo sterminare, avendo così ottenuto un effetto esattamente opposto a quello desiderato.
 
Avendo sposato la tecnologia, ci siamo fatti in una certa misura Dei, cioè concorriamo a determinare lo stato del pianeta in modo molto significativo.
A questo punto, non possiamo limitarci ad assecondare quanto sentiamo, dobbiamo fare i conti col contesto complessivo in cui viviamo e che tacitamente accettiamo per il fatto stesso di non andare a vivere da soli in una zona del globo deserta.
Trovo pertanto irresponsabile questo atteggiamento di passivo assecondamento dei nostri sentimenti. 

Tali riflessioni sono parte del mio tentativo di elaborare una nuova teoria politica che tolga i diritti dal centro della scena politica, per sostituirli con le responsabilità, immaginare un sistema politico basato sulle responsabilità.

6 commenti:

  1. Chissà perché non ho mai visto campagne contro l'uccisione di polli o di maiali...

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  2. Esteticamente, non sono evidentemente all'altezza di agnelli e capretti...

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  3. l'agnello quale prodotto da tavola è un risultato dell'industria alimentare ovvero esiste perché qualcuno forzatamente aumenta il numero di esemplari viventi per soddisfare le esigenze del consumatore, non ci cibiamo di agnelli che altrimenti condurrebbero la loro esistenza in altro modo. Rispetto alla quantità di cibo disponibile quale limite naturale allo sviluppo del numero di animali non le sembra che collimi poco con lo stato di fatto del pianeta? se così fosse la fascia equatoriale che ospita più dell'80 % di tutte le specie animali e vegetali della terra e cibo in quantità inesauribile per le stesse specie sarebbe trasborderebbe costantemente di esseri in sovrannumero in cerca di spazio vitale

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  4. Gli agnelli che nascono sono quelli che corrispondono alla logica dell'allevamento. Io non ho conoscenze sufficientemente approfondite su come si regoli il tasso di riproduzione degli ovini. In ogni caso, nasceranno sempre troppi esemplari maschi rispetto alle necessità interne all'allevamento per i motivi che ho già detto.
    Per il resto, secondo me, lei sopravvaluta le risorse del pianeta. Per quanto le sembrino alte, non sono per niente illimitate, e senza fare facili generalizzazioni, perchè bisogna considerare anche la ferttilità delle singole specie, se non nel brevissimo, ma già nel medio termine ciò che conta è la disponibilità di risorse.
    Le potrei citare molti esempi di specie in cui l'invasività è evidente quando per azione antropica le risorse aumentano ben oltre il limite naturale. Consideri anche che ci sono prede e predatori, e quindi che i meccanismi di regolazione naturale intervengono attraverso più vie, ma alla fine convergono sulle risorse vegetali disponibili.

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  5. Rispetto al secondo punto "il commento all'invasione di cani in caso di libero foraggiamento" concordo con Lei, il discorso è complesso e le generalizzazioni facili, la mia sulla fascia equatoriale e la sua sull'invasione globale dei cagnolini. Sul primo però non credo ci siano dubbi, in qualsiasi testo sull'argomento vengono citati i dati sull'incremento registrato negli ultimi 200 anni dei capi per singola specie "specie selezionata per la catena di montaggio". Gli agnelli come i maiali e bovini sarebbero in numero infinitamente inferiore e tale per cui il loro impatto sull'ecosistema sarebbe pari a quello di stambecchi o corvi se non vi fosse un'industria che questa volta si, contro natura, ingravida, svezza, rimpinza e macella milioni e milioni di capi incompatibili con il nostro pianeta. Se vuole, la prova del nove è che malgrado il senso di responsabilità rispetto all'azione del singolo individuo sul impatto complessivo degli animali che foraggia sia praticamente pari a 0 alla resa dei conti questo insieme "gli animali tenuti in vita in maniera innaturale dal singolo individuo" non ha nessun impatto sullo stato del pianeta oggi, mentre l'insieme dei "prodotti" dell'industria alimentare animale e la causa principale di inquinamento, surriscaldamento e deforestazione. Spero vivamente che la mia non suoni come una presa di posizione aprioristica, non sono schierato da nessuna parte e sarei ben contento che mi illustrasse dove peccano i dati che riporto

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    1. Riguardo al secondo punto, in genere trovo simile ad una scappatoia dire che una questione è complessa, quantomeno mi pare un arrendersi, magari prima che sia strettamente necessario.
      Lei dovrebbe motivare meglio, invece di limitarsi a una sorta di derisione, la questione della moltiplicazione dei cani.
      Non ho certo la pretesa di quantificare il tasso di crescita, ma credo che tutti dovremmo convenire sul fatto che in presenza di risorse crescenti, una certa specie animale si moltiplica rapidamente, e francamente non trovo nulla di comico nel fatto che in quelle condizioni, i cani invaderebbero la terra.
      Ovviamente, si tratta di un'ipotesi irrealistica, nella misura in cui la prospettiva di risorse illimitate a disposizione dei cani è del tutto irrealistica: stiamo solo facendo un discorso teorico, e sul piano teorico bisognerebbe entrare nel merito per smentire una certa tesi, deridere non mi pare abbia granchè senso.

      Per quanto riguarda invece il primo punto, mi pare che lei abbia letto con attenzione insufficiente. Già nel teso del post e successivamente l'ho ribadito anche nell'intervento succcessivo, che la questione del numero degli agnelli era in relazione alla pratica dell'allevamento, e quindi mi pare che siamo d'acordo più di quanto a lei non appaia.
      Io dicevo quindi una cosa totalmente differente, che non ha senso affrontare il problema degli agnelli di sesso maschile indipendnetemente da una scelta complessiva sulla scelta dell'allevamento.
      Se qualcuno propone domani di abolire gli allevamenti, potrò essere d'accordo o contrario, ma la considererò comunque come una tesi seria e da prendere in dovuta considerazione.
      Al contrario, se qualcuno ci dice di non uccidere gli agnelli maschi, sarà mio dovere far presente che tali angelli diventeranno montoni, e quindi daranno luogo ad un altro tipo di problema.
      Se non vogliamo uccidere gli angelli, non dobbiamo farli nascere, con i costi che ciò comporta, invece di scegliere una scorciatoia semplicistica e come tale falsa.

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