martedì 2 giugno 2015

L'ASTENSIONE SENZA POSSIBILI ALTERNATIVE

Niente di nuovo sul fronte occidentale, questo potrebbe riassumere l'esito delle recentissime elezioni regionali. 
L'andamento, se analizzato in un arco di tempo sufficientemente ampio, non subisce variazioni significative. 
Il dato più importante, anch'esso del resto nel trend di medio periodo, è l'ulteriore diminuzione nella partecipazione al voto, ormai prossimo al 50%...

Se togliamo la piccola percentuale che potremmo definire fisiologica (gente in viaggio, oppure vittime di qualche malattia che sconsigli l'uscire da casa, gente che per principio, non voterebbe mai ed altre cause varie), rimane una gran frazione di elettori che non esercitano il loro diritto ad esprimere un voto. 
Poichè non v'è ragione che ci siano oggi più persone che siano impedite ad andare a votare, nè possiamo pensare che improvvisamente gli anarchici siano cresciuti in maniera esplosiva, dobbiamo necessariamente pensare che si tratti di una scelta consapevole, e che inoltre questa scelta sia motivata non da ragioni di principio, ma contingenti, che insomma tutte queste persone non votino perchè non trovano sul mercato politico ciò che vorrebbero trovare. 
Qui, si manifesta quello che potremmo definire il paradosso tipico della società di mercato in cui viviamo, in cui cioè la possibilità formale di moltiplicare il tipo di offerta disponibile, non trova riscontro nella realtà dei fatti. 
Ciò deriva dalla condizione dettata dalla logica di mercato, che un determinato articolo deve potere incontrare una domanda che sia abbastanza numerosa. Anche per quanto riguarda le elezioni, chi vuole consenso, tende a offrire qualcosa che si sa raccolga voti. Questo comporta un addensamento dell'offerta tutta in una direzione. 
Tuttavia, nel caso elettorale, manca la competizione sulla minimizzazione dei costi di produzione, e quindi la distinguibilità dei candidati è una condizione indispensabile. 
Forse, è proprio questo il calcolo che le forze politiche non hanno fatto, non hanno cioè considerato sufficientemente la necessità di distinguersi dalle altre offerte sul mercato. 

Il risultato è l'astensione, i partiti tendono a somigliarsi sempre più, e così c'è una domanda politica che non viene soddisfatta, malgrado il moltiplicarsi di sigle e liste elettorali e di candidati, visto che questi appaiono come dei semplici duplicati di un'unica offerta politica. 

Così, cresce l'astensione, e a poco servono esperimenti tipo il M5S, che raccolgono la protesta di molti, ma è costretta per propria stessa struttura a congelare i suoi suffragi. 
Renzi si è lanciato sul mercato elettorale seguendo questi criteri, da una parte offre sempre la stessa merce, dall'altra la vende come se si trattasse di un nuovo tipo di offerta. 
Questo giochetto ha avuto vita breve, già dopo poco più di un anno, la cosa ha smesso di funzionare. Il risultato del PD è per molti versi un risultato che preesiste a Renzi, come è avvenuto di certo in Puglia, in Campania, ed inToscana,dove i suffragi sono stati ottenuti da personaggi che preesistono a Renzi, che quindi egli non si può accreditare. 
Lì dove invece i candidati sono stati inventati da Renzi, tipicamente Liguria e Veneto (di Umbria e delle Marche non saprei dire), la sconfitta è stata clamorosa. 

Renzi ha puntato sin dall'inizio sul suo personale appeal mediatico che effettivamente si è dimostrato efficace, circondandosi così di mezze tacche, di personaggi di nessuno spessore politico, e che per questa stessa ragione non potrebbero mai mettere a repentaglio la sua personale leadership. Nelle sue intenzioni, agli elettori doveva bastare sapere che la Paita e la Moretti sono sue personali creature, e che questo potesse costituire motivo sufficiente per votarle. La verità si è dimostrata ben differente, non basta l'investitura del gran capo per fare votare candidati senza un proprio appeal. 

Le reazioni del gruppo dirigente del PD mostra che Renzi non ha un piano B e quindi è costretto a seguire questo copione che pure si è mostrato fallimentare, come d'altra parte i suoi avversari cosiddetti di sinistra non riescono neanche loro ad uscire dal ruolo che si sono assunti di contrattare ciò che con tutta evidenza è incontrattabile. 
Sul resto dei risultati, non v'è davvero nulla da aggiungere. Il successo di Salvini è più che scontato e non può portare da nessuna parte perchè egli ha già fatto il pieno di quel genere di voti e non sivede dove dovrebbe andare a raccattarne altri, il delcino di Berlusconi continua inarrestabile. ogni ipotesi centrista non può coesistere con un partito come il PD di Renzi che già occupa questo settore politico, e sarà interessante seguire le acrobazie dei vari politici centristi per riciclarsi soprattuto dentro il PD di Renzi. Il M5S ha perso ogni residua carica eversiva, e va ad occupare una sua nicchia diventando sempre più innocuo ed inutile. 
Nel frattempo, il mondo si globalizza sempre più, la risi finanziaria tamponata attraverso robuste iniezioni di liquidità è sempre sull'orlo dell'esplosione inflazionistica, anche se paradossalmente stiamo ancora in deflazione, e le cose non cambierannao certo per volontà di questi omuncoli che si affollano ad occupare poltrone e poltroncine. 

Occorrerebbe una forza politica che avesse una sua teoria della crisi ed una sua proposta di fuoriuscita, ma non se ne vede la più pallida traccia all'orizzonte, confermando quindi come l'astensione sia la scelta più adeguata nella situazione presente.

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