lunedì 18 maggio 2015

DECRESCITA, UN TERMINE DA BANDIRE IN CAMPO AMBIENTALISTA

L'ambientalismo non è che venga così tanto frequentato sul web.
Tuttavia, quando trovo qualche intervento in senso ambientalista, vedo sempre associata l'idea di decrescita, una specie di riflesso condizonato per cui ambientalismo = decrescita (a volte anche detta "decrescita felice"). 

Ho una notizia, chi si dichiara per politiche decresciste, non può essere ambientalista...

Il punto concettuale da considerare è il seguente.
Cosa si intende per decrescita? La riduzione del PIL. Quindi, la differenza tra un decrescista ed un capitalista sembra consistere soltanto nel segno della variazione del PIL. Entrambi tuttavia condividono l'utilizzo del PIL come parametro di riferimento.
Ecco, io non sono decrescista perchè penso che un pensiero autenticamente ambientalista deve confrontarsi innazitutto con la scelta sul ruolo dell'economia nella società.
Nella società di mercato in cui viviamo oggi, l'economia occupa lo scranno più alto, avendo relegato la politica a sua ancella. Cosa dice Renzi a proposito della sentenza della Consulta sulle pensioni? Che la prima cosa che dobbiamo fare è non violare i parametri di rapporto deficit/PIL stabiliti dalla UE, il resto deve adattarsi a questo vincolo prioritario. Ciò significa appunto stabilire che le cosiddette compatibilità economiche governano la società, e la politica deve limitarsi a trovare gli strumenti tecnici per soddisfarli. 

Se qualcuno ha proprio la fissa della politica, si può tranquillamente sfogare sui diritti civili, in quel campo non si rompono le scatole all'economia e ci si può sbizzarrire senza ritegno, come quando i genitori permettono al loro bambino di sfogarsi a correre, rotolarsi, sporcarsi quando si trovano in spiaggia (ma guai a farlo nel salone di casa, come nelle questioni attinenti la sacra economia).

Trovo quindi sorprendente che gli ambientalisti, dovendosi dare una parola d'ordine, abbiano scelto proprio la parola "decrescita". Mi chiedo come sia possibile che non si siano resi conto che così si dichiarano apertamente succubi della ideologia di mercato che pure dicono di volere avversare.
La vera lotta non può riguardare il segno con cui il PIL deve cambiare, la vera lotta è sempre ideologica, e quindi non può che riguardare il ruolo stesso dell'economia, la necessità di un suo drastico ridimensionamento. Ciò implica che il modo in cui cambia il PIL, non può rappresentare il dato da considerare prioritariamente.
Meglio parlare di sostenibilità l'ambientalismo deve usare la parola d'ordine della sostenibilità, chiaramente da non confondere con "sviluppo sostenibile", che è tutt'altra cosa e va rigettato.
In termini concreti, potrei dire che una società che rispetti l'ambiente dovrebbe essere ad economia pianificata, e la pianificazione dovrebbe assumere un punto di vista che rispetti la limitatezza delle risorse, e quindi il problema non sarà quante ruote produrre, ma se queste ruote vanno montate su autobus o su autovetture, se insomma si progetta una società che favorisce il trasporto collettivo e non il trasporto individuale. Se pertanto mi servono molti autobus, tali che si induca un aumento del PIL, questo non può essere considerato un problema, mentre se io producessi autovetture, anche determinando una diminuzione del PIL, il problema comunque persisterebbe. 

Con questo banale esempio, voglio ribadire che il punto dirimente è che la politica deve essere reintegrata ad occupare lo scranno più alto, senza curarsi più di tanto delle variazioni del PIL.

Insomma, parlare di decrescita, è un errore, direi perfino una sciocchezza, significa arrendersi in partenza all'ideologia dell'avversario.

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