venerdì 13 marzo 2015

ANCORA SULL'EURO E SULLE IMPLICAZIONI DERIVANTI DALLA SUA SORTE

Riporto qui di seguito un mio intervento su un altro blog, seguito da un commento di un altro intervenuto e la mia replica successiva.

Una certa corrente di pensiero ci fa credere, che il punto di scontro fondamentale stia tra euro e non euro. 

Non si può andare sulla stampa mainstream senza leggere dell'apocalisse che seguirebbe all'uscita dall'euro, così come non si possono leggere tanti siti web senza che l'economista più o meno professionale di turno ci spieghi come dopo l'uscita dall'euro sorgerà il sol dell'avvenir. 

Con un tale tipo di discrimine fondamentale, anche il comportamento del governo Tsipras e analogamente degli altri governi europei vengono valutati in base a quanto essi siano più o meno propizi a un crollo dell'euro...

Sia chiaro, non sto in alcun modo dicendo che la questione dell'euro sia secondaria, certamente non lo è, anzi è uno degli elementi più importanti. Tuttavia, così si tende, magari anche inconsapevolmente, ad oscurare quella che una volta si considerava la questione di classe, cioè che da una parte ci sta il capitale, dall'altra il resto dell'umanità.
Senza entrare nei dettagli, non vi è dubbio alcuno che la crisi in cui ci troviamo è partita dagli USA, in un paese che non ha l'euro, e non ha mai predicato l'austerity. 

Ora, o crediamo che gli USA siano contro i capitalisti, ed allora dobbiamo credere anche a Babbo Natale, oppure dobbiamo capire che l'unione europea ha elaborato una sua fallimentare linea di politica economica che rappresenta solo una delle possibili varianti del modo in cui il capitale intende gestire la crisi. Qui, c'è insomma una questione specifica tedesca, della cultura e della storia di quel paese. 

Se le cose stanno così, in qualche modo potremmo dire una cosa che certo può apparire paradossale, che la Germania conta poco sull'esito di questa vicenda greca. Naturalmente, non sto dicendo che la Germania non ha un peso numerico enorme per la formazione delle maggioranze che definiranno quali decisioni assumere, ma, vista la rigidità delle sue posizioni, finisce per contare poco. E' un po' come il M5S in Italia, rifiutando di trattare, il suo 25% di voti ha finito per contare pochissimo. E' merito specifico della Merkel, che continuo a considerare una dei pochi politici di statura di statista che ci ritroviamo, avere per quanto nelle sue possibilità mitigato tale rigidità, riuscendo così a contribuire davvero al tipo di decisioni prese dalla UE. 

Nei fatti, è forse Renzi il politico che oggi può spostare gli equilibri nella UE, vista la sua chiara investitura negli USA, e le decisioni che si assumeranno riguardo l'euro hanno, che noi vogliamo o no, un valore ormai geopolitico, perchè la UE stessa non sopravviverebbe alla fine dell'euro. Questo è il motivo per cui Obama spinge su Tsipras perchè non esca, ed è lo stesso motivo per cui anche Renzi a nome degli USA racconta questa balla che le regole che si riconoscono sbagliate e che si dovrebbero cambiare, debbano comunque essere rispettate. Qualunque persona dotata di un minimo di ragionevolezza direbbe che regole sbagliate debbano essere violate, mi pare un'ovvietà. Queste idiozie sono il modo di Renzi di non isolare la Germania e quindi di non spaccare l'Europa che oggi rimane per gli USA l'unica zona del mondo che ancora si considera loro alleata senza dare troppi problemi, e quindi l'unione dell'Europa è per gli USA una questione perfino più importante delle questioni di natura finanziaria. 

A me pare che finchè l'euro resiste, la germania accetterà alcuni vincoli alla propria sovranità, perchè i vantaggi che la moneta unica le offre sono troppo elevati perchè essa vi rinunzi, quando l'euro finirà, finirà contestualmente anche l'unione europea. Oggi, questa mi pare la questione centrale, la UE è un'istituzione intrinsecamente antidemocratica ed è necessario che si frantumi, e quindi che si esca dall'euro mi va benissimo. Tuttavia, la situazione politica nell'intera europa non potrebbe essere peggiore, visto che non si assiste neanche in singoli paesi ad alcun coerente movimento contro la globalizzazione, la questione viene interamente gestita dai governi che rappresentano chiaramente, salvo la significativa eccezione greca, gli interessi del capitale. Che oggi lo facciano sostenendo l'euro, e che domani lo facciano senza l'euro, mi pare cambi poco dal punto di vista di chi è anticapitalista.  

Il mio timore è che, invece di un sovranismo democratico e solidale, di cui avremmo tanto bisogno, si sviluppi un feroce nazionalismo con sentimenti contro le altre nazioni, come del resto leggo anche in ambienti sedicenti di sinistra che diffondono oggi sentimenti antitedeschi, e tutto questo è preoccupante.

 @ Vincenzo Cucinotta: leggo sempre con interesse i tuoi interventi, ma mi sembra di coglierti in contraddizione. Da una parte dici giustamente che al di là dell'euro il problema è quello dei rapporti di potere (economico e politico). Dall'altra ti opponi alla prospettiva di nuove guerre. Le guerre sono i grimaldelli che hanno scardinato innumerevoli sistemi sociali. E' la guerra che ha consentito la rivoluzione bolscevica. E' la guerra che ha consentito all'Unione sovietica di controllare mezza Europa. In una situazione statica come quella odierna un ventennio di conflitti rappresenta la migliore (se non unica) prospettiva di rottura del quadro di rapporti attuale. Perché tanta avversione?
Alla fine, permettimelo, il tuo limite è lo stesso di Syriza. Volete fare la frittata senza rompere le uova. Nulla esprime meglio il processo di decadenza della sinistra, del fatto che negli ultimi 30 anni sta cominciando a prendere sul serio i suoi ideali pacifisti.

Il fatto è che io non sono hegeliano da nessun punto di vista, quindi a me dell'avanzare dello spirito e della storia non frega nulla. A me interessa dell'uomo per il motivo banalissimo che lo sono anch'io, una solidarietà di specie direi.
Quindi, credo che ogni progetto non dovrebbe mai avere obiettivi differenti rispetto alla sorte dell'umanità, al fatto che la nuova società immaginata e progettata sia più umana.
Per questo, non credo che nessuno dovrebbe sorprendersi se vorrei evitare guerre ed ogni genere di sofferenze per gli uomini in carne ed ossa. Figurarsi poi se sullo sfondo di ogni conflitto armato si erge l'ombra inquietante dell'olocausto nucleare.
Aggiungerò per ulteriore chiarezza che il mio personale inpegno politico trae forza e determinazione dal mio catastrofismo, perchè credo davvero che la sopravvivenza stessa dell'umanità sia in pericolo, cioè che per la prima volta la possibilità che l'umanità si autodistrugga è concreta ed abbia probabilità significative.
Poichè trovo che chi ha potere si comporta da apprendista stregone, cioè prende iniziative della cui pericolosità non si rende pienamente conto, credo che sia mio preciso dovere mettere in guardia coloro che riesco a raggiungere coi miei più o meno convincenti messaggi.
Tuttavia, tengo a precisare che non sono un non violento come credo di avere più volte già scritto, le svolte epocali richiedono necessariamente una certa quantità di sangue umano sparso. Il punto è quanto sangue dovrà essere versato e come sia possibile contenere la violenza evitando l'estinzione della specie.

3 commenti:

  1. Anzitutto sono d'accordo con te nel dire che il nocciolo della questione non è l'euro.
    Se però è verissimo che la (pseudo) informazione fa terrorismo rispetto all'abbandono dell'euro, non vedo persone, che siano ragionevolmente informate, che presentino tale eventualità come una passeggiata. O magari non mi ci sono imbattuto...
    La UE salterà con l'euro? Se lo smantellamento della moneta sarà concordato potrebbe resistere, altrimenti penso che le sue possibilità siano minime. Da come vanno le cose però è più probabile una deflagrazione improvvisa e violenta.
    L'euro è il tappo che ci impedisce di uscire dalla gabbia. Toglierlo ha delle conseguenze positive (non per la Germania) dal punto di vista tecnico, ma non sposta di un millimetro il resto dei problemi. Come dici giustamente ci sono problemi di sistema, di modello sociale, di democrazia che vanno affrontati a prescindere dagli aspetti tecnici. Problemi che oggi non vengono affrontati e che, tolto l'euro, saranno ancora tutti lì; problemi che però non è possibile affrontare concretamente finché c'è l'euro. L'euro deve saltare il più presto possibile, non perché questo risolverà i nostri problemi, ma perché ci metterà nella condizione di poterli affrontare.
    A proposito della Merkel non trovo che sia una statista di rilievo: come la maggiorparte dei suoi colleghi mi sembra un politico mediocre, incapace di guardare oltre il proprio naso. Diversamente si accorgerebbe del fatto che sta trascinando a fondo la Germania: per questa strada affonderà dopo gli altri, ma affonderà.
    Due appunti telegrafici sul sangue di cui parla il tuo interlocutore. I progressi dell'umanità a volte sono avvenuti anche senza sangue, per cui evitarlo è possibile; e comunque di sangue ne viene versato in abbondanza già oggi.

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  2. Siamo, mi pare d'accordo su molti aspetti. Mi limiterò pertanto a sottolineare i pochi punti di dissenso.
    Partiamo dalla questione meno centrale, quella che riguarda la Merkel. Secondo me, tu a torto identifichi Merkel e Germania. Io invece interpreto il suo comportsamento come un difficile compromesso tra una forma di oltranzismo interno (alla Schaulbe, per intenderci), e gli altri paesi della UE. Ad esempio, Hollande pare oggi n cagnolino nelle sue mani, e credo che questa abilità diplomatic-politico le si possa concedere. Dovremmo insomma chiederci cosa sarebbe la germania senza la Merkel, secondo me, molto peggio, a partire dallo stesso Schulze che pure si dichiara socialdemocratico.

    Il dissenso principale tuttavia riguarda la eventuale fase post-euro. Tu dici che, una volta tolto di mezzo il problema della moneta, ci sarà un clima migliore (più sereno?) per affrontare tutti i problemi che concordiamo essere fondamentali. Io penso invece che quello che diciamo e facciamo oggi predeterminerà le caratteristiche di questa fase. Se non sarà chiaro che il vero problema fondamentale è la globalizzazione che dobbiamo quindi combattere, e che questa lotta va considerata come l'obiettivo principale di ogni buona politica, allora rischiamo di contribuire allo scoppio di una bolla finanziaria che farà impallidire tutti i precedenti storici. Secondo questa mia tesi quindi, l'euro è soltanto uno degli aspetti avvelenati di questo mostro che è la globalizzazione. Eliminare soltanto l'euro, sarebbe vano, un po' come tagliare un arto ad un drago a cui gli arti ricrescono, non avremo concluso nulla.
    Ciò che vedo è un completo sguarnimento su questo aspetto. Da una parte la destra antieuro aspetta la fine della moneta unica per tornare nei consueti meccanismi capitalistici che pure sono la fonte originale della crisi, dall'altra la sinistra è preda del proprio passato internazionalista e non riesce a comprendere come lotta per le sovranità nazionali e lotta per la democrazia in questo momento storico coincidano.

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    1. Non mi sono spiegato bene.
      Quando dico che l'abbandono dell'euro avrà conseguenze positive per noi, non parlo del clima sociale/politico e delle possibilità di avviare un dibattito, ma solo di aspetti tecnici: l'abbandono dell'euro ripristina lo strumento del cambio flesibile, che è indispensabile (anche se non sufficiente) per risolvere i problemi economici. Certo che se al suo posto si instaura un accordo in stile SME, è tutto abbastanza inutile; ma a questa eventualità io non credo, soprattutto se il passaggio avverrà, come penso, in modo traumatico.
      L'addio all'euro quindi non comporta un "miglioramento" della situazione, ma solo la "possibilità" di un miglioramento. Possibilità tutta da conquistare.
      Per quanto riguarda il dibattito, nulla impedisce che si sviluppi già adesso, anzi c'è l'urgenza di recuperare il tempo perso: e questo va fatto sia sul fronte tecnico che su quello più generale del modello sociale / economico / politico. Anche su questo però la presenza dell'euro pesa come un macigno: essendo non un qualsiasi "arto del drago" ma, almeno per l'UE, lo strumento fondamentale del capitalismo globalizzatore, catalizza su di sé l'attenzione e limita le possibilità di accendere un vero dibattito.
      Di fatto l'euro fa da tappo sia alle soluzioni tecniche sia allo sviluppo di un dibattito serio. Anche a me piacerebbe ragionare sul dopo per poter arrivare pronti al momento del passaggio. Il fatto è che se aspettiamo di essere "pronti", non sbloccheremo mai questa situazione, che quindi continuerà a peggiorare.
      Per fortuna (se così si può dire) gli aspetti tecnici consentono una elasticità limitata, e l'euro salterà da solo, che siamo pronti oppure no, quando supererà il limite di non sostenibilità.

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