mercoledì 25 febbraio 2015

LA CRISI DEI PAESI EUROPEI COME CRISI COMPLESSIVA. PARTE II


Segue da qui 
Ed infine, anche il fenomeno delle migrazioni viene affrontato con un approccio prepolitico, buonista, che non si è mai posto il problema fondamentale su questo tema: quanti immigrati siamo in grado di accogliere nel nostro paese? Quante sono le persone potenzialmente interessate a venire da noi?
Si tratta di una domanda ineludibile, stabilire quante siano le possibilità in confronto alle richieste. Quando coloro che vogliono al contrario semplicemente chiudere le frontiere, chiedono quante persone ognuno di noi è disposto ad ospitare a casa propria, non possiamo liquidare la questione facendo spallucce, anche se si tratta di domande fatte con intenzione pretestuosa, sono comunque ineludibili, in quanto collega correttamente a una dimensione anche personale tale scelta collettiva. La verità è che nessuno dei più fieri sostenitori dell'immigrazione libera è disposto come del resto è ovvio a tenersi in casa queste persone, e qui si coglie la carenza di responsabilità a livello sociale. Uno stato non può in nessun caso comportarsi come un istituto caritatevole, se non per permettere alle persone che lo vogliono di esercitare la loro carità...
Cosa mai dovrebbero fare queste persone venendo in un paese che ha già livelli di disoccupazione spaventosi? Dovrebbe fare i lavori che qui nessuno vuole fare e farli a prezzi da sopravvivenza? E dove dovrebbe andare ad abitare? Forse nei loculi dove vivevano in Calabria i raccoglitori di pomodori? Oppure dovrebbero stiparsi strettissimi in appartamenti privi di qualsiasi manutenzione? Se non cogliamo questa correlazione tra ospitalità e capacità di proporre soluzioni, non siamo buoni, siamo solo irresponsabili, come quei pazzi che addirittura proponevano di organizzare dei voli appositi da certe zone del mondo perchè chi volesse venire da noi, lo facesse in modo non così pericoloso. 

Come ebbi modo di dire in passato, il problema delle migrazioni è in sè irresolvibile, bisogna solo conviverci. Non si può impedire, ma lo si deve scoraggiare. 

Se vogliamo davvero prenderci carico del problema, dovremmo in qualche misura assumerci un impegno per ciascuno di coloro che hanno questo desiderio. Ciò significa che dobbiamo essere in grado di esercitare un'influenza disincentivante già nel primo passaggio, quello per cui quella persona lascia il proprio villaggio per questo viaggio così pericoloso. Non dico che si tratti di un compito semplice, ma quantomeno potremmo evitare di mettere su delle iniziative tipo "mare nostrum" che, rendendo probabile l'esito positivo del tentativo di sbarcare in Europa, lo incentiva. 
Non dico, voglio che sia chiaro, che non vada fatto tutto il possibile perchè chi può, chi si trova di fronte a barconi che rischiano di affondare, salvi quante più persone possibili, dico piuttosto che non ha senso predisporre un piano ad hoc per garantire traversate sicure da parte di questi barconi. Alla fine, il risultato non sarà quello di fare arrivare sane e salve queste persone, perchè questa garanzia è praticamente impossibile da ottenere, ma soltanto quello di incentivare le partenze. 
Se fallisce tuttavia questo piano disincentivante le partenze dai villaggi, si mette allora in moto un meccanismo che si può arrestare solo contro le persone che sono in viaggio. 
Seppure io sono convinto che sia stato un errore avere tolto Gheddafi dallo scenario libico, non posso tuttavia convenire con coloro che sono così contenti che Gheddafi bloccasse le traversate. Sappiamo tutti che egli aveva messo su dei lager in cui costringeva a raccogliersi i viaggiatori, per poi costringerli a tornare indietro. Era una iniziativa terribile perchè ne faceva morire la quasi totalità (attraversare due volte il deserto a piedi era davvero una operazione possibile solo a persone particolarmente fisicamente dotate). Dire grazie a Gheddafi perchè limitava gli arrivi sulle coste italiane equivale a dire che per evitare gli sbarchi, dobbiamo farli morire. Possibile che tutto debba essere affrontato con la mentalità del "occhio che non vede, cuore che non duole"? Nessuno, almeno lo spero, potrebbe accettare che si spari a dei naufraghi inermi per evitare che sbarchino sulle nostre coste, ma poi siamo felici se quelle stesse persone sono state uccise prima ancora che mettano piede su natanti, un'ipocrisia inaccettabile.
Alcuni propongono di piazzare mezzi della nostra marina militare in prossimità delle coste della Libia, allo scopo di impedire le partenze. Non so se sia una soluzione tecnicamente praticabile (nelle acque territoriali libiche, il diritto internazione proibisce la presenza di navi da guerra straniere), ma in ogni caso non risolve il problema, perchè lascia questa gente sulle coste libiche, tra l'altro oggi sede di conflitti armati. Quindi, non v'è alternativa, noi dobbiamo fare in modo che nel posto più sperduto dell'Africa arrivi un messaggio chiaro, che non siamo disposti ad accogliere nuovi arrivi, anche se poi accoglieremo tutti coloro che malgrado questi messaggi, saranno ancora disposti ad affrontare rischi formidabili perchè per loro è vitale raggiungere l'europa. 
A questo problema di fondo, si aggiunge la questione dell'attacco dell'Islam all'europa. Capisco che l'occidente sia così terrorizzato da questo attacco che debba far finta che esistano due islam. In verità, di islam ne esistono ben più di due, ma tutte queste differenti forme determinano effetti politici perchè di tutte le religioni monoteistiche, quella musulmana è quella che più delle altre sposa l'idea che la fede debba viaggiare sui fucili, e lo stesso profeta Maometto era nei fatti un condottiero militare. 
L'influenza politica, il tipo di comportamenti concreti, sono certo funzione del tipo di islam di quello specifico gruppo di persone, e quindi sarebbe sciocco non distinguere la pericolosità di ciascuno di essi. Tuttavia, in un modo o in un altro, l'Islam viene in Europa non per essere assimilato agli indigeni, ma per conquistare, pacificamente per taluni, violentemente per altri, ma non v'è dubbio che l'Islam viene ad esercitare una possibile egemonia, anche con discreti risultati se vediamo le conversioni alla religione musulmana in tutti paesi europei. 
Anche da questo versante, quindi, si può vedere quanto l'invasività dell'occidente, l'universalismo liberale, abbia causato una reazione dello stesso tipo, se l'occidente viene in Afganisthan con la scusa di volere imporre che anche le donne abbiano diritto all'istruzione, partendo dal presupposto che l'istruzione sia un diritto fondamentale della persona, oggi sono i musulmani che vengono in Europa per insegnarci come dobbiamo vivere. 

La novità dei nostri giorni sta nel fatto che mai come oggi affrontiamo questo confronto nelle condizioni meno favorevoli. La prima causa è che non siamo deliberati a confrontarci, guardiamo con benevolenza a culture differenti dalla nostra, credendo che la nostra non corra pericoli perchè è la migliore, senza esserci accorti che la storia è andata avanti, e le nostre società sono diventate meno attrattive. 
Queste mutate condizioni non vengono, come dicevo, neanche percepite, e le nostre società appaiono ormai come degli asili nido, in cui qualcuno ci toglie l'onere di scegliere, permettendo che ci si trastulli con l'ultimo articolo giunto sul mercato delle merci. La crisi rende questo mercato sempre meno ricco, ma il meccanismo psicologico che si è da tempo innestato, si autoperpetuerà non si sa ancora quanto a lungo.
Questo è ciò che chiamo futilità dell'occidente, il meccanismo culturale per cui l'unica cosa importante è la ricchezza, l'aspetto economico, e che il resto è in sostanza gioco o talvolta sogno. Le TV che inframezzano la descrizione di stragi ed altri eventi tragici, le discussioni più politicamente rilevanti tra uno spot pubblicitario e l'altro sono l'immagine del nostro mondo, noi siamo così, un popolo di consumatori, felici di possedere tanti giocattoli ed incapaci di reazioni reali. Una divisone in verità c'è al nostro interno, tra chi proprio non vede la realtà e si lascia completamente abbindolare dal politicante di turno, e chi invece riconosce la menzogna, ma costoro hanno poi un comportamento analogo, tornano a giocare motivandolo con l'impossibilità di operare nel reale, quando al contrario noi con i nostri atti non possiamo evitare di influenzare la realtà anche se ci costringessimo a farlo.  

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