venerdì 16 gennaio 2015

COSA CI DICE LA MANIFESTAZIONE DI PARIGI

In un recente post, sottolineavo come anche nel rapporto col mondo islamico si evidenzia la crisi dell'occidente. Il dato sperimentale più diretto di questa crisi e della sua correlazione con episodi come l'attentato sanguinario di Parigi è costituito dal fenomeno numericamente rilevante dei "foreign fighters", giovani cresciuti in occidente che diventano i più fieri nemici del loro paese.
Qui, voglio analizzare l'oceanica manifestazione di Parigi mostrando come sia anch'essa una conferma dello stato di profonda crisi in cui l'occidente versa...

Partiamo dall'aspetto scenografico. Il corteo era aperto dai capi di stato, tra cui v'era l'assenza significativa di Obama e di membri influenti del governo USA, come anche quella  di Putin: potremmo dire che le assenze sono più significative delle presenze.
Per motivi di sicurezza, questo gruppetto di persone procedeva con un certo distacco rispetto al resto del corteo. La scelta ha di certo una sua ragionevolezza, ma rimane il fatto che vedere le persone comuni fisicamente separate dai propri governanti, ha un impatto sgradevole sul piano simbolico.
In ogni caso, ben due milioni di persone hanno scelto di manifestare al seguito dei governanti eurpei, e con la parola d'ordine "Je suis Charlie".
Entrambi questi elementi si contraddistinguono per una scelta collettiva di far prevalere uno spirito unitario, l'interesse prevalente è quello di presentarsi di fronte all'opinione pubblica mondiale in modo compatto, come se ci fosse un'unica volontà. Non importa quindi che la gente non abbia alcuna stima per i propri governanti, non importa se non tutti condividono la scelta estrema in tema di satira del giornale "Charlie Hebdo", sui dissensi prevale questa volontà dello stare tutti assieme, un atteggiamento che potremmo definire emergenziale.
Il punto diventa quindi stabilire se questa ricerca di unità nel dissenso sia la scelta corretta, la più opportuna nelle condizioni date. 

A me pare radicalmente sbagliata in entrambi gli aspetti. 

Intanto, che senso ha dire "Je suis Charlie", a cosa serve, a manifestare una solidarietà immagino, ma che forma di solidarietà? Per il fatto che persone inermi siano state uccise, non credo davvero che ci sia bisogno di esplicitarlo, oppure perchè consideriamo eroico l'avere pubblicato vignette blasfeme su Maometto, anche dopo essere stati minacciati? Se la solidarietà riguarda quest'aspetto, io me ne dissocio, in sè le vignette blasfeme non mi entusismano, anzi le trovo inutilmente irrispettose. Tuttavia, non intendo ugualmente condannarle ed innescare una logica tipo "se la sono cercata", a me va bene che la satira sia libera, ma proprio perchè tale deve essere altrettanto liberamente criticata ed anche eventualmente biasimata.
C'è però qualcosa di peggio di "Je suis Charlie", ed è "Je ne suis pas Charlie", mediante cui si esterna deliberatamente la propria dissociazione. Così, abbiamo diviso l'europa in sì e no, bel risultato per uno come me che riconosce in questo schierarsi senza argomentazione (perchè un monosillabo non è un'argomentazione) una delle principali malattie del nostro tempo. 
Ma la cosa più grave non è la scritta con cui ci si vuole omologare ad una certa maggioranza, ma l'aver accettato di sfilare dietro una classe politica europea che con un eufemismo potremmo definire mediocre. Qui davvero viene fuori il riflesso condizionato del meno peggio. D'accordo, Hollande è probabilmente il peggior presidente da quando c'è la quinta repubblica, ma se devo scegliere tra lui e gli attentori, preferisco lui. Anch'io costretto per la gola preferirei Hollande ai due fratelli macellai, ma perchè mai devo scegliere? 
Per questa ragione, perchè lo schierarsi non è un destino, ma una scelta specifica, trovo abbastanza patetiche le dichiarazioni di accompagnamento, ci sarei stato ma considero questi governanti pessimi. Tutte queste motivazioni lasciano il tempo che trovano, spariscono nel giro di pochi giorni, ed alla fine non ne rimane traccia alcuna. Politicamente, la partecipazione con riserva non si può distinguere da una semplice partecipazione, e quindi tali riserve servono solo alla cattiva coscienza di chi le avanza. 

Proprio perchè, come tentavo di argomentare in un post precedente sugli stessi fatti di Parigi, trovo sbagliato focalizzarsi sul contrasto Europa - Islam, perchè invece questi fatti ci interrogano su una crisi epocale dell'europa e del sistema di democrazia liberale, è venuto il tempo di creare dietro a simili governanti il vuoto, non i cinquanta metri previsti dal corteo, ma il vuoto assoluto, mi sarebbe piaciuto vederli sfilare da soli, a darsi le pacche sulle spalle riconoscendosi come gruppo di potere ottuso e distruttivo delle nostre nazioni.

1 commento:

  1. Chi ha organizzato ha ottenuto ciò che voleva. La gente accetterà le conseguenze degli eventi, alcuni sapendo di essere stati fregati, gli altri non sapendolo (o facendo finta di non saperlo). Una costituente dei primi sarà mai possibile?

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