sabato 5 luglio 2014

I PARTITI POLITICI, QUESTI DESAPARECIDOS

L'appoggio esplicito ed inequivocabile di berlusconi a Renzi costituisce a suo modo una pietra miliare nella politica italiana. Che piaccia o no, è proprio questo personaggio che scandisce con le sue decisioni la politica italiana. Stavolta, tuttavia, mi pare di potere asserire che questa dovrebbe anche essere l'ultima, il canto del cigno con cui Berlusconi spera di dare un futuro prospero alle sue aziende ed ai suoi eredi barattando questo vantaggio con la sua resa incondizionata e completa sul piano più propriamente politico.
Potremmo così definire due svolte fondamentali della intera storia politica repubblicana, entrambe da ascrivere a Berlusconi, incluso naturalmente il suo fiuto nel riconoscere la possibilità che la svolta venisse accolta...
La prima sarebbe quella che è passato alla storia come passaggio dalla prima alla seconda repubblica. Questo passaggio, che coincide appunto con la discesa in politica di Berlusconi, certifica la fine dei partiti tradizionali del dopoguerra, ideologici, e quindi forti ed organizzati, centri di potere reale e consistente della nostra nazione. Quei partiti finiscono, ma non sparisce ancora la funzione dei partiti politici. Allora però, il passaggio da due ideologie contrapposte e intrinsecamente conflittuali, al mono pensiero liberista ed economia-centrico, determina una conflittualità nell'abilità. Il fine insomma appare molto simile, pressocchè uguale nei fatti, e la competizione sta nel chi lo raggiunge più efficacemente e celermente. In questa situazione, non serve una pluralità di partiti, ed ecco che si impone la logica bipolare, che tendenzialmente porta all'alternanza. Un altro aspetto che si determina in questa svolta è la crescente importanza della figura del leader, del conduttore che deve avere mano libera per potere raggiungere il fine della vittoria della propria coalizione.
Di fatto, in Italia, è berlusconi il fondamento stesso del bipolarismo, con la capacità di determinare i due campi contrapposti del berlusconismo e dell'antiberlusconismo. Sembrerebbe, da un'immagine obiettiva, di respiro storico, ben poco per fondare il bipolarismo, ma se studiamo il ventennio che è trascorso a cavallo dei due millenni, ci rendiamo conto che è stato proprio così. La sua immagine più efficace sta nella folla di imbecilli che nel dicembre 2011, festeggiava nelle strade di Roma la fine del governo Berlusconi, pur sapendo che questo risultato passava per la rinuncia della propria coalizione ad andare al governo del paese, malgrado le lusinghieri previsioni elettorali.
Quando Napolitano si faceva carico della crisi conseguente agli attacchi speculativi internazionali, si rendeva certo conto di quanto questa mai ufficializzata seconda repubblica venisse ad essere messa in crisi per le sue stesse iniziative, se non altro per la caduta di Berlusconi. Da allora, il Capo dello Stato ha avuto questa costante preoccupazione, di garantire la sopravvivenza di questo schema bipolare, ed a questo fine egli ha adottato una tattica di "stop and go" nei confronti di Berlusconi, curando che non arrivasse a vincere, ma che nello stesso tempo fosse un concorrente credibile verso una maggioranza incentrata attorno al PD. La cosa è sfuggita di mano a Napolitano, il complesso schema che doveva garantire le larghe intese necessarie per trasformare profondamente il paese, a partire dalla stessa costituzione repubblicana, ha invece subito un'ulteriore evoluzione. 
Il risultato è sotto gli occhi di tutti, i partiti diventano sempre meno importanti, in quanto si determina una completa scissione tra elettori e partiti. Gli elettori PD non esistono più, così come non esistono gli elettori FI, o in questo caso sarebbe più appropriato dire, data la natura proprietaria di quel partito, che non esistono più gli elettori fedeli a Berlusconi. Renzi raggiunge un lusinghiero risultato elettorale alle europee, ma è evidente che si tratta di un risultato del tutto contingente, che quegli stessi elettori che l'hanno votato sono pronti al primo stormir di foglie a cambiare il loro voto. Non esiste più alcuna fidelizzazione, ed insomma siamo diventati elettoralmente analoghi agli USA, tutto si gioca sul fascino personale di un leader e dei suoi collaboratori, che tuttavia sanno di non avere garantito un legame duraturo con i loro elettori. Non è un caso che l'unica novità politica è rappresentata dal M5S, che è una creatura strana, sempre rifiutando di essere partito, più che mai legato a una coppia di personaggi che l'hanno fondato e che di volta in volta assumono la manodopera necessaria per la rappresentanza parlamentare. 
La conseguenza è terribile, ormai il parlamento è diviso in bande. Non potendo ogni parlamentare condurre una sua personale politica, non esistendo aggregazioni stabili attorno a una teoria politica condivisa, non rimane che aggregarsi per gruppi di interessi, bande anche transitorie che chiedono la loro parte. Non è un caso che i contrasti dentro ciascuno di questi simulacri di partiti siano di intensità almeno pari ai contrasti tra differenti partiti, nella pratica insomma i partiti si sono già squagliati. 

Ma senza partiti , la politica non ha veicoli su cui camminare, diciamo politica, ma intendiamo invece tecnica politica finalizzata all'economia di mercato. A sua volta, la carenza di politica è incompatibile con la stessa democrazia. Se il fine è l'aumento del PIL e un determinato leader vince su un altro soltanto perchè convince gli elettori di essere il più bravo a conseguire questo obiettivo da tutti condiviso, non siamo più in democrazia, siamo al massimo in un ufficio di collocamento dove si opera la selezione per stabilire quale candidato sia più efficiente e debba pertanto essere assunto. 

Inoltre, in questa situazione, i grossi raggruppamenti a livello di unione europea diventano di fatto ostaggio dell'eurocrazia. Quel parlamento che qualche povero illuso crede possa costituire un controbilanciamento dei poteri burocratici, in realtà ne costituisce una figliazione. La debolezza dei partiti nazionali porta inevitabilmente a raggruppamenti parlamentari europei del tutto verticistici, e quindi facile preda di chi ha poteri esecutivi, mezzi tecnici e competenze per imporsi.

La terapia per una situazione così lontana dalla democrazia sta nel reintrodurre la politica, è questa l'unica ricetta giusta ed efficace, e questo lo si può fare soltanto se si trova la forza di costruire un vero partito che si concepisca sin dall'inizio in maniera diametralmente opposta al partito debole come li conoscono negli USA, e questo credo che debba costituire l'impegno delle nuove generazioni, magari se vorranno sfruttare l'esperienza e lo sforzo teorico di chi li precede anagraficamente.

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