domenica 11 maggio 2014

GUERRA IN EUROPA

Più tempo passa, più mi vado convincendo che la guerra rientrata in Europa, adesso divenuta una vera e propria guerra civile in Ucraina, presto si generalizzerà, secondo percorsi e schieramenti oggi inimmaginabili. 
Il fatto è che il tentativo lanciato inizialmente da Polonia e repubbliche baltiche di annettere all'occidente l'Ucraina tramite un colpo di stato travestito da manifestazioni di piazza, sta incontrando sempre maggiori resistenze nella popolazione comune...

L'atteggiamento sempre più prudente assunto da Putin, frenando vistosamente rispetto alla baldanza alquanto bullista della prima fase, mi preoccupa, nel senso che sembra chiarirsi, e Putin che ha un osservatorio ben migliore e veritiero del mio, ce l'ha ormai chiaro, che per gli USA e parte dei suoi alleati una guerra vera e propria in Ucraina non rappresenta più la conseguenza tragica e infausta di un confronto serrato con la Russia, ma al contrario la guerra è proprio ciò che viene perseguito, l'obiettivo che si vuole raggiungere. Proprio di fronte a questo possibile esito di una tale gravità, Putin si rende forse conto di avere contribuito a dare allo scatenamento di una guerra col proprio atteggiamento poco prudente un contributo notevole, ed adesso si sta impegnando a rendere più costosa all'avversario la scelta bellica. 
Si potrebbe tuttavia pensare che questa guerra possa mantenersi localizzata sul suolo ucraino, mantenendo lo schieramento occidentale fuori dalla vicenda, una delle tante guerre esportate che ci sono state in quello che consideriamo alquanto impropriamente invero tempo di pace. 
Le cose tuttavia sono ben più complesse, in quanto lo schieramento occidentale non è compatto come forse gli USA si auguravano. E' a tutti evidente che mentre l'UK, secondo una tradizione ormai ben consolidata, segue  strettamente la stessa strategia USA, pronto quindi a partecipare ad un evento bellico al fianco degli USA, la Germania della Merkel non sembra perdere occasione per rimarcare la sua distanza dalla politica USA, e la Francia sembra seguirla lungo questo tragitto, o almeno così sembrebbe dall'incontro di oggi tra Holland e Merkel, un incontro a quattrocchi che presuppone un impegno di questi due paesi a perseguire scelte comuni. 
Infine, non si dovrebbe dimenticare il substrato economico su cui tutto questo sta avvenendo, una crisi economica epocale che, oltre a ridisegnare il quadro dei poteri e della competizione economica, sta distruggendo quel poco di unità europea che dopo la seconda guerra mondiale piano piano si era tentato di creare per allontanare il più possibile lo spettro di un terzo conflitto europeo che non potrebbe che proiettarsi poi nel mondo intero. 
Rimango attonito a leggere come posizioni antieuro vadano poi a sfociare in atteggiamenti esplicitamente antitedeschi qui in Italia, ed antimediterranee lì in Germania. Come scrivevo già da tempo, credere come ci vorrebbe fare credere Napolitano che stare assieme nella UE costituisca un must e nello stesso tempo una forma di garanzia contro lo scatenarsi di un terzo conflitto, è un errore totale che potrebbe poi nello svolgimento degli eventi rivelarsi anche tragico. Oggi, la forzata convivenza con un'uguale moneta fa da nutrimento a sentimenti nazionalisti ed addiritura specificamente contro altre nazioni, in quanto si finisce col credere che questa situazione possa costituire un modo alquanto truffaldino per gli altri di fregarci. E' tutto il ragionamento che parte dal presupposto esattamente opposto alla predicata unità europea, e cioè che l'italiano e il tedesco, lungi dal considerarsi partecipi di un'unica cittadinanza europea, si riconoscono invece come cittadini di nazioni differenti, e pertanto giudicano ogni decisione della UE nei termini dei propri interessi nazionali. 
Se le cose stanno così, e non vedo come si possa ragionevolmente affermare diversamente, l'Europa semplicemente non esiste, e ogni struttura comune può soltanto costituire un'istanza di mediazione, svolgendo un semplice ruolo di ammortizzatore di tensioni bilaterali che comunque richiedono un accordo diretto tra i governi delle due nazioni coinvolte.
Continuare questo indegno balletto a favore di un'europa che nessuno degli europei riconosce come supernazione di cui è partecipe, invece di costituire un ostacolo allo sviluppo di conflitti intraeuropei, li fomenta, diventa una vera e propria fucina di risentimenti e quindi di voglia di rivalsa, e il passaggio alla violenza esplicita diventa fin troppo facile.
Quindi, abbiamo tre ordini differenti di conflitti, quello più evidente tra Russia ed occidente, quello nascosto ma non meno reale che vede un atteggiamento diverso tra il blocco anglosassone e il centroeuropa franco-tedesco, e che riproduce un analogo scontro a livello economico tra le due differenti strategie per uscire dalla crisi, ed infine il terzo conflitto fra i sostenitori nordici del rigore e il fronte mediterraneo che stenta a trovare espressione nei propri governi, ma che vede ampie fette di opinione pubblica sempre più proiettata verso sentimenti anti-tedeschi. 
Una miscela altamente esplosiva, in cui anche un singolo atto politico può determinare lo scoppio di un ampio conflitto tra due schieramenti oggi non ancora individuabili, ma la cui composizione si andrà configurando in base agli stessi singoli atti politici che dicevo potrebbero essere determinanti per lo scoppio del conflitto. 
Rimane la domanda sul perchè gli USA avrebbero già programmato una guerra vera e propria in ucraina e sull'Ucraina. Il punto determinante è che questi momenti bellici costituiscono delle occasioni formidabili per distruggere ricchezza e fare ripartire una crescita, cosa divenuta dagli anni novanta in poi impossible seppure ricercata attraverso gli sturmenti più improbabili. 

L'esperienza storica sembra dimostrare al di là di ogni ragionevole dubbio che il capitalismo riesce ad uscire dalle sue crisi più profonde solo così, facendo scoppiare un grande e tragico conflitto. Farne scoppiare uno proprio nel cuore dell'europa, magari pensando con visione miope di poterlo confinare, senza quindi percepire quanto le polveri si siano ormai asciugate e siano pronte a esplodere, sembra ad oggi costituire una precisa strategia della cupola capitalista che ne ha appaltato l'esecuzione a ciò che resta della nazione americana.

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