martedì 25 marzo 2014

EUROPEE: SCELTE DI VOTO DIFFICILI

I grandi partiti hanno già iniziato la loro campagna elettorale in vista delle prossime elezioni europee. 
Si tratta, come è chiaro ormai a tutti, di un appuntamento politico fondamentale, anzi mai prima d'ora i risultati che verrano fuori per l'elezione del nuovo parlamento dell'unione europea sono stati così importanti per i motivi collegati alla profonda crisi economica in cui ci troviamo e per come le regole di rigore economico influenzano l'andamento dell'economia. 
Le elezioni amministrative tenutesi in Francia domenica scorsa, hanno dato un risultato caratterizzato da due elementi, l'uno l'insuccesso clamoroso del partito socialista di Hollande, e l'altro costituito dai risultati molto lusinghieri per il Fronte nazionale di Marie Le Pen, almeno nelle città dove si sono presentati...

Tale risultato può verosimilmente essere messo in relazione con un crescente sentimento di ribellione popolare a quelle che sempre più appaiono come regole masochistiche ed apertamente favorevoli alla Germania, senza che le crescenti difficoltà economiche, le crescenti evidenze degli effetti deleteri che esse causano, determinino la minima volontà di ripensamento sia nei governi dei vari paesi, che soprattutto negli organismi tecnici a cui, come noto, lo statuto dell'unione affida poteri molto rilevanti, anche senza che essi dispongano di alcuna legitttimazione elettorale. Ancora pochi giorni fa, Barroso, in risposta alle parole del nostro premier Renzi, rispondeva senza tentennamenti che l'Italia avrebbe comunque dovuto sottostare senza sconto alcuno alle regole che l'unione si era data. 
Quindi, da questo punto di vista, il quadro dovrebbe essere chiaro per tutti, anche per chi disponesse di un solo occhio, perfino nel caso fosse difettoso, l'attuale gruppo dirigente dell'unione non intende demordere minimamente dalla linea palesemente rovinosa che si è data in questi sei anni di crisi importata dagli USA. 
E' evidente come non esista nell'unione margine alcuno di mediazione, come è altresì evidente che il gruppo dirigente è troppo sputtanato su questa linea per non capire che qualunque sua significativa modifica porterebbe automaticamente alla propria distruzione, e che pertanto è determinato ad abbarbicarsi fino alla morte alle proprie rovinose scelte.

Il paradosso di questa situazione sta nel confronto da una parte tra tali lampanti evidenze e dall'altra la modestia, la palese inadeguatezza che il fronte di opposizione a queste politiche manifesta. 
In altre parole, posizioni politiche che sicuramente hanno un grande consenso ma anche una loro intrinseca ragionevolezza, vengono sostenute da formazioni che manifestano sia una incapacità di analisi economica adeguata al livello della crisi epocale in cui ci troviamo, sia una tendenza preoccupante a contenuti francamente retrivi, non esitando a far proprio il richiamo della foresta che inevitabilmente prende piede nella gente che si confronta con crescenti problemi di povertà e perfino di sopravvivenza.
In mezzo, stanno formazioni che neanche si sono ancora accorte che lo spazio in cui intendono collocarsi semplicemente non esiste, perchè il problema dell'unione europea non è soltanto politico ma è anche statutario, istituzionale. L'unione è stata configurata appositamente per sequestrare quote significative di democrazia a favore di organismi che, non dovendo rispondere a un corpo elettorale, diventano anche se non lo volessero, strumenti nelle mani di lobbies e di interessi di qualsiasi tipo, purchè dotati di una massa critica sufficiente per farsi sentire ai più alti vertici. 

Infine, ci sta il problema Germania, che è rimasta l'ultimo paese dell'occidente con un proprio spirito nazionale, mentre gli altri grandi stati a partire dagli stessi USA sono ormai preda di una cupola capitalista che li utilizza a proprio piacimento riducendo i capi politici a frontmen, ad attori che recitano la parte che gli viene dettata. Per la germania non è così. Sicuramente, anche lì gli interessi capitalistici sono prevalenti, ma rimane l'identificazione nazionale di tali capitalisti. Potremmo dire che paradossalmente questo elemento di coesione nazionale che molti di noi vorremmo generalizzare, tornare quindi allo stato nazione dotato di sovranità, nel vuoto di spirito nazionale degli altri paesi diventa un pericolo mortale, perchè ci lascia prede potenziali degli appetiti di altri popoli meglio organizzati di noi. 

Da questo punto di vista, ritengo la situazione che concerne le scadenze elettorali europee drammatica. Essa ci espone appunto a scelte drammatiche tra la volontà da una parte di marcare comunque un fronte anti UE, e dall'altra dal non vedersi rappresentato dalla formazione a cui dai il voto, per la semplice ragione che una posizione chiara in proposito mostra di non averla, come in effetti è per il M5S. 
Come dicevo in un breve commento su un altro post, seppure sia vero che un voto al M5S è un segnale di opposizione inequivocabile a quanto succede nella UE, rischia di fermarsi a questo elementare messaggio, perchè è evidente che la direzione del M5S non ha una sua posizione in merito, tanto addirittura da proporre un referendum sull'euro, evidentemente incapace di assumersi la responsabilità politica di una scelta così fondamentale. Quindi, chi vota M5S è avvisato: potrebbe finire con il rafforzare l'euro in caso di esito in tal senso del referendum proposto.
Chi in effetti predica questa adesione alquanto acritica al M5S, è convinto che il primo problema che abbiamo di fronte sia quello di sconfiggere la nostra casta politica. La mia opinione non è questa, seppure il problema della casta politica esista, non posso concordare sul fatto che questo sia il primo dei problemi. I nostri problemi hanno origine in un ambito internazionale, e consistono in definitiva nello stesso processo di globalizzazione. La casta esiste sicuramente, ma si caratterizza soprattutto per la sua sudditanza a poteri esteri, va combattuta prevalentemente come traditrice degli interessi nazionali, e quindi nella mia visione il M5S ha caratteristiche provinciali, questo riconoscere il proprio ristretto ambito come se coincidesse con l'universo intero. 

D'altra parte, votare per la lista Tsipras inevitabilmente si tradurrà in un supporto all'attuale potere dominante europeo. Sarà facile ad un movimento che esclude sin dall'inizio l'uscita dall'euro, e che anzi predica lo slogan "più europa" imporre nuove cessioni di sovranità all'unione oggi, rinviando ad un futuro indeterminato la fase di maggiore democrazia. L'Europa dei popoli è in definitiva una petizione di principio che si scontra con una struttura istituzionale dell'unione che esclude sin dall'inizio ogni possibile influenza popolare sulle politiche comunitarie. 

Per tali ragioni, con grande disappunto, in assenza di novità significative, finirò con l'astenermi, pur senza nascondermi il significato di dichiarazione di sconfitta di tale gesto, l'astensione triste scelta come male minore rispetto a uno spettro di posizioni politiche assolutamente inadeguate alla fase in cui viviamo. 

Nel contempo non smetto di lanciare l'ipotesi da realizzare anche in tempi più lunghi, di una nuova formazione politica che si identifichi in senso antiglobalista nella maniera più radicale.

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