venerdì 6 dicembre 2013

IO STO CON LA COLDIRETTI

Ieri, mi è capitato di ascoltare a Radio news 24 (Confindustria insomma), la compiacente intervista fatta al presidente della FederAlimentari sulle proteste inscenate dalla Coldiretti.
Ricordo che il motivo di queste proteste riguarda l'uso di materie prime provenienti dall'estero per la preparazione di alimenti poi commercializzati come "made in Italy"...

Tralascio per pietà di patria, di occuparmi del meschino ruolo dell'intervistatore che insisteva sull'argomento della carenza di materia prima italiana, con evidente imbarazzo dell'intervistato che non voleva contraddirlo, ma non poteva convenire con lui. Le proteste, sarà l'unico a non esserne accorto, vertono proprio al contrario sulle eccedenze della produzione italiana non più assorbita dalle industrie alimentari italiane, ormai orientate ad importare dall'estero.

Le argomentazioni erano del tipo: 
- noi ci atteniamo strettamente alla legislazione esistente
- la scelta dei fornitori è parte della nostra responsabilità imprenditoriale
- ciò che qualifica come italiano un cibo è la procedura di preparazione, con corredo di esempi, quali quello del caffè, certamente non coltivato per ovvii motivi climatici in Italia, o ancora indumenti di seta, senza che l'allevamento dei bachi avvenga in Italia. 

La prima argomentazione è infondata: è chiaro che la Coldiretti non chiede di procedere legalmente verso degli imprenditori che vilano norme di legge, ma al contrario chiede il cambiamento di tale legislazione, anzi è proprio la legislazione l'oggetto della protesta. Sarebbe ben strano che una legge venga applicata senza poterne mettere in dubbio e perorare la causa della sua modifica. 
Per quanto riguarda la terza argomentazione, dovrebbe essere chiaro a tutti che ove non esiste una produzione nazionale, il problema non esiste, in quanto non credo esistano consumatori italiani che ignorino la provenienza estera del caffè poi tostato in Italia, e quindi l'esempio portato non è pertinente. Qui stiamo parlando di prodotti che vengono prodotti anche in Italia, per cui quindi esiste il pericolo concreto di fare confusione. La protesta insomma è una forma di lotta alla confusione indotta nel consumatore. 

Per quanto riguarda infine la seconda argomentazione, essa mi pare del tutto lecita, ma sembra completamente dimenticare quale sia la richiesta della Coldiretti. 
Questa organizzaizone non chiede la proibizione nell'uso di materia prima non prodotta in Italia, chiede molto più modestamente che sia indicato il luogo di produzione della materia prima poi confezionata in Italia. 
E' giusto che gli industriali rivendicano la loro libertà imprenditoriale, ma essa non può comportare l'occultamento di informazioni nei confronti del consumatore. Tali informazioni, voglio ricordarlo, sono fondamentali in quanto la legislazione cambia da un paese all'altro. Se, per fare un esempio, in Italia proibiamo l'uso di un determinato pesticida, che in un altro paese è consentito, tale proibizione perde l'effetto di tutela del consumatore italiano e si traduce paradossalmente in una perdita di competitività verso l'estero. Se poi uno specifico consumatore preferisce risparmiare a scapito della protezione sul piano della salute, è libero di farlo, ma si deve trattare di una scelta deliberata, non può trattarsi di un trucco finalizzato ad impedirgli di distinguere i pericoli differenziati nel consumo di prodotti differenziati per provenienza. 

Per questa ragione, io sto con la Coldiretti.

1 commento:

  1. Anch'io sto con la Coldiretti per questa battaglia. Etichette chiare e di facile lettura, non ci dobbiamo portare la lente di ingrandimento per leggerle. Io introdurrei perfino l'etichetta in rilievo leggibile per i ciechi.

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