lunedì 22 aprile 2013

NAPOLITANO ED I PUBBLICI INCIUCIATORI



Sembra che il rieletto Presidente Napolitano voglia bandire il termine “inciucio”.

La motivazione sarebbe che la connotazione negativa anzi perfino ingiuriosa che ha la parola inciucio, rischia di connotare altrettanto negativamente ogni accordo in sede politica.

Io credo, al contrario di quanto pensa Napolitano, che usare la parola inciucio permetta al contrario di contribuire positivamente a portare chiarezza su cosa intendiamo con accordo politico. Ecco, direi che le benemerenze connesse all’uso di questo termine, stiano proprio nell’impedire che si possa senza alcun esame critico preliminare, connotare positivamente qualunque tipo di accordo. Ci sono accordi positivi e poi ci sono gli inciuci, e non capisco quale sarebbe il vantaggio a fare di tutta l’erba un fascio...

Ora, caro presidente, quando si parla di inciucio, si intende un tipo di accordo che non è collegato a una finalità di interesse generale, ma che serve a due tizi proprio in quanto essi ne vogliono trarre un vantaggio di tipo personale o di gruppo ristretto, magari perfino a detrimento di tutti gli altri cittadini, e quindi proprio in virtù di tale sciagurato accordo hanno pieno diritto al titolo di inciuciatori. Anzi, io andrei ancora avanti, proporrei l’espressione di “pubblici inciuciatori”, pubblici perché i loro accordi riguardano questione di interesse pubblico, seppure l’accordo sarà redatto in modo occulto.

Ora, che la riservatezza in politica possa essere benemerita non vi è dubbio, e quindi trovo del tutto fisiologico che un accordo possa essere stipulato nella dovuta segretezza, a volte questa è una condizione perché vada a buon fine, senza riservatezza, si potrebbero frapporre resistenze di qualsiasi tipo tali da impedirne la stipula. Tuttavia, tale riservatezza se mantenuta per sempre, diventa al contrario un elemento che qualifica quell’accordo come mafioso, ancor più che come un inciucio, e del resto nella sostanza inciucio può anche essere per certi aspetti assimilato ad una pratica di tipo mafioso.

In effetti, se entrambi i contraenti nella stipula dell’accordo politico, hanno avuto come fine l’interesse generale, una volta che la cosa è andata a buon fine e con quel margine temporale di sicurezza per rendere la cosa in qualche misura irreversibile, non hanno alcuna ragione per tenere il tutto nascosto, se hanno motivazioni valide per difendere l’accordo, dovrebbero sentirsi orgogliosi di esso e quindi pronti appena possibile a condividerne il contenuto con quante più persone possibili.

Ieri, il solito Giuliano Ferrara in un talk-show televisivo, difendeva la segretezza dei voti parlamentari, cosa che mi sento di condividere, ma questa questione della segretezza del voto è un tipico caso di interessi contrapposti. In cui quindi la salvaguardia della segretezza risponde a un certo ordine di priorità. Si salvaguarda un’area di coscienza individuale che potrebbe essere conculcata da gruppi di potere, e che quindi per potersi esprimere liberamente, necessita della segretezza. E’ ovvio tuttavia che questo interesse preminente confligge con un criterio di trasparenza, con la possibilità di avere gli elementi necessari a giudicare l’operato di un certo parlamentare che può al contrario commettere le peggiori nefandezze se il suo voto è per sempre sottratto a un controllo.

Ora, se dopo che le elezioni si sono concluse con la rielezione di Napolitano, i parlamentari seguitano a tacere sui loro comportamenti elettorali, lo fanno in pieno diritto, ma i cittadini hanno analogamente pieno diritto di censurarli, di considerarli nel caso dei “pubblici inciuciatori”. Mi ritorna in mente la celebre storiella di Trilussa del lupo che si lamentava di essere additato come ladro, e del consiglio datogli di provare a rubare di meno. Se i seguaci di Napolitano commettono inciuci, non devono poi lamentarsi di essere considerati inciuciatori, in effetti ne hanno pieno titolo.

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