giovedì 21 marzo 2013

L'ULTIMA TROVATA (GIORNALISTICA?): IL GOVERNO DI SCOPO



Come dicevo in un recentissimo post, l’atteggiamento d’intransigenza del M5S con il rifiuto ostinato ad entrare nei meccanismi compromissori della politica, ha l’effetto paradossale nel complesso, di incrementare e non di diminuire il tasso di tatticismi, cioè cresce all’interno delle altre formazioni politiche talmente da riuscire a superare quanto basterebbe a compensare la carenza di tali pratiche nel M5S.

Ora, è proprio il tempo dei bizantinismi più arzigogolati che al momento si esercitano sulle formule di governo. Non ricordo in quale notiziario televisivo, si elencavano con indubbia efficacia umoristica, tutti gli aggettivi che nel corso di questa repubblica sono stati affiancati a livello mediale alla parola governo, per potere sfruttare al meglio il potere delle parole, favorire un certo sbocco governativo inizialmente difficoltoso tramite un’innovazione linguistica che fornisse la famosa vaselina all’insediamento del nuovo esecutivo...


Bene, oggi, di fronte ad un leader come Bersani, deliberato a farsi dare l’incarico di formare il nuovo governo dal capo dello stato, assistiamo, oltre ad una presunta resistenza dello stesso Napolitano (solite indiscrezioni, spesso a copertura di tentativi di condizionamento), ad un esplicito fuoco di sbarramento da parte di tutte le altre formazioni politiche, per tacere delle resistenze nello stesso PD. Sentivo appunto ieri in un talk-show il rappresentante del PDL argomentare in maniera che a me appare abbastanza paradossale. Diceva questi che Bersani può chiedere l’incarico solo se mostra di avere una maggioranza, e al momento, e su questo aveva ragione, non si vede proprio dove stia questa maggioranza. Il punto che trovo paradossale è che Bersani dovrebbe essere la persona che più si dovrebbe preoccupare di avere successo in questo suo tentativo, e per converso, sarebbero proprio le formazioni politiche avversarie a dovere gioire del suo insuccesso, che Bersani vada a sbattere contro il muro, i danni che riceverà saranno tutti a favore di chi è schierato “da sempre” contro di lui.

Allo stesso modo, anche dentro lo stesso PD, il fallimento di Bersani renderebbe più agevole l’avanzare di candidature alternative: ecco, non si capisce perché Bersani ed i suoi amici abbiano tanta fretta di sbattere contro il muro ed i suoi avversari di evitargli questo incidente, una specie di capovolgimento come quello che si ottiene a volte tra oggetto e sua immagine riflessa.

L’unica spiegazione è che per Bersani esista una ragionevole possibilità di raggiungere questa maggioranza, ma a questo punto si dovrebbe dire anche come. A questo proposito, credo che sulla spaccatura avvenuta al senato nel M5S ci sia una grave incomprensione, perché lì l’errore dei dissidenti è stata quella di abbracciare la logica del male minore. Ora, se si andasse al senato a votare la fiducia ad un ipotetico governo Bersani, non si potrebbe ragionevolmente applicare alcuna logica del male minore, e quindi non si vede perché senatori del M5S dovrebbero così platealmente violare il loro vincolo (assunto volontariamente, è ovvio) di mandato e dare la fiducia, stavolta sarebbe chiaro che non si tratta più di un dissenso circostanziato, ma di un vero e proprio passaggio ad altro fronte (il che non si può comunque escludere, ma neanche far discendere dal consenso espresso a Grasso, tra l’altro neanche influente).

Già comunque sui media l’ipotesi Bersani viene considerata impossibile, o perché Napolitano rifiuti di concedere qualsiasi forma di mandato, o perché sarebbe destinata a un sicuro fallimento.

Ed ecco che vengono fuori i soliti bizantinismi della politica italiana, anzi della cosiddetta prima repubblica, quella dominata dalla DC e dai suoi complessi rituali anche a livello terminologico. Ecco pronta l’espressione magica “governo di scopo”, anzi un articolo di oggi, mi pare su “La Repubblica”, ma non so a firma di chi (ne sentivo una sintesi nella rassegna stampa), non solo è certo che lo sbocco sarà un governo di scopo, ma elenca anche i cinque punti che dovrebbero appunto costituirne lo scopo.

Ora, l’articolo che ho citato affronta appunto l’aspetto semantico, se di governo di scopo si tratta, allora bisogna esplicitare tale scopo. Ma a questo punto sorge un problema non certo secondario, chi ha diritto a definire tale scopo? Se ho capito bene, l’articolista immagina che gli scopi li definisca Napolitano, ma questo mi pare travalicare ampiamente il dettato costituzionale e i limiti che esso impone alle funzioni di tale figura istituzionale, che esclude mi pare perentoriamente un suo attivo ed esplicito intervento in questioni di indirizzo politico e programmatico, sennò saremmo già in piena repubblica presidenziale. Insomma, Napolitano non si può arrischiare a fare l’Obama dell’Italia, visto che abbiamo un sistema istituzionale molto differente. Non può spettare a lui di definire i contenuti dell’azione di governo, salvo violare la costituzione: possibile che a poche settimane dalla scadenza del proprio mandato Napolitano voglia così platealmente violare la costituzione, sapendo che qualsiasi accusa contro di lui lo troverebbe ormai privo dello scudo che la presente figura istituzionale oggi ricoperta gli offre? Io non lo credo, a me pare che Napolitano si comporti in modo molto prudente, ed in ogni caso lo spero ferventemente.

Gli scopi dell’azione di governo non possono che essere stabiliti dalle forze parlamentari, e del resto, anche uscendo dal dettato costituzionale, fosse malauguratamente lo stesso Napolitano ad assumersi l’onere di definirli, nessuno potrebbe togliere alle stesse forze parlamentari la scelta di accettare tali obiettivi o di rigettarli: insomma, non se ne esce, un governo di scopo è con tutta evidenza un governo pienamente politico, anzi, qualsiasi governo politico è innanzitutto un governo di scopo. Semmai in un passato più o meno recente, si è inteso politico come partitico, cioè come sigle che forniscono i ministri per la composizione dei governi, si è inteso male, la politica non può che intendersi come contenuti dell’azione politica, cos’altro sennò?

Sorge quindi il dubbio che nella presente situazione, vi sia in atto il pietoso tentativo di camuffare un governo del tutto politico sotto l’espressione “governo di scopo”. In particolare, ciò, nella mente degli organizzatori, a quanto si sa per il momento operatori mediali, servirebbe a superare l’impervio scoglio di costituire un nuovo governo di larghe intese, cioè appoggiato da tutte le forze politiche salvo il M5S. Insomma, il PD avrebbe la foglia di fico del termine “scopo” per dare luogo alla famosa alleanza con il PDL, altrimenti indigeribile per il proprio elettorato.

Saremmo quindi di fronte a dei meschini sotterfugi che servirebbero per questi falsi giornalisti sempre al soldo di qualcuno o di qualche progetto, a reiterare la sciagurata politica imposta dal rigore di marca burocratica, quella stessa che ha dato tanta pessima immagine di sé nei recenti fatti di Cipro. 

Conviene quindi tornare, aldilà dei bizantinismi terminologici, al nocciolo della questione che non può che riguardare l’eventuale possibilità di individuare una vera maggioranza. Visto che a seguito dei veti incrociati, questa possibilità sembra inesistente, allora si deve necessariamente ammettere che nessun governo otterrà la fiducia da queste camere. Visto altresì che Napolitano non ha oggi il potere di sciogliere le camere, non rimane che prendere atto che si dovrà insediare un governo nominato dal capo dello stato ma senza fiducia da parte delle camere. Seppure qualcuno potrà considerare questa soluzione come non regolare, dovrà tuttavia ammettere con me che nella presente contingenza è l’unica del tutto rispettosa della costituzione e contemporaneamente della politica (quella insomma della maggioranza impossibile).
Non ritengo a questo punto un ulteriore bizantinismo quello di definire un simile esecutivo come “governo del presidente”, nel senso direi etimologico di governo che gode soltanto del mandato presidenziale, ma che non gode di alcun appoggio preliminare per la sua azione nel parlamento, dovrà sudarsi tutti i provvedimenti che vorrà avere approvati. Va da sé che difficilmente un provvedimento economico potrà trovare un’ampia maggioranza, e ciò implica che si tratta di una situazione provvisoria che il nuovo capo dello stato nel frattempo eletto potrà agevolmente risolvere sciogliendo il parlamento, ed indicendo nuove elezioni ragionevolmente nel prossimo autunno (farle a giugno, impedirebbe di approvare quelle misure a parole sostenute da una vistosa e palese maggioranza, quali la nuova legge elettorale e la riduzione del costo della politica mediante varie concomitanti misure).


Di fronte a tutto questo, rimane l’atteggiamento di rifiuto pregiudiziale del M5S che però appare sempre più come un pugile che crede di poter vincere sul ring, combattendo da fermo contro un avversario che al contrario ruota attorno a lui, non si vede come possa prevalere. In realtà, un modo c’è, ed è se indossa una corazza impenetrabile, ma forse Grillo ed i suoi dovrebbero riflettere sul fatto che se metti dentro la corazza tante differenti persone, non v’è modo di garantire che tutte rimangano al coperto, qualcuna di certo si farà tentare dall’ipotesi di uscire allo scoperto, mettendo così a rischio non solo la sua sola persona, ma l’intero movimento. In verità, sarebbe la prima volta che un atteggiamento statico possa risultare vincente su un atteggiamento dinamico, forse la forza vera del M5S sta nella staticità del quadro politico, se messi alla frusta dalle condizioni obiettive e dallo stesso M5S questi cambiano davvero, mi sa tanto che per Grillo l’ora della politica si accorcia di molto. Ma forse, chissà, lo scopo di Grillo non era quello di prevalere, ma di incidere, di cambiare la politica, e così avrebbe ottenuto il proprio scopo prima di quanto si potesse pensare: vedremo!

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