martedì 24 luglio 2012

FUBINI, NEORICERCATORE DI GERMANIA


Il giornalista Fubini su “Il Corriere della sera” continua ad affrontare il problema delle implicazioni di politica internazionale delle scelte economiche in Europa...

Le argomentazioni di Fubini si basano sulla recente esperienza storica nel nostro continente, con le sanguinose guerre che hanno accompagnato la dissoluzione dell’URSS e della Yugoslavia. Partendo da tali eventi, egli inferisce che la dissoluzione dell’euro possa sfociare anch’essa in conflitti bellici.
Ora, io trovo le tesi di Fubini non solo errate,  ma addirittura da capovolgere, come già scrissi su questo stesso blog. Il vero pericolo di possibili conflitti armati in Europa non sta nel separarsi attraverso un processo che sarebbe consensuale, e in cui francamente si conviene sui vantaggi comuni a non stare più assieme, ma proprio nel prolungare l’agonia di un’unione ormai morta, e il cui sbocco in separazione non potrebbe più essere consensuale, ma deriverebbe dalle scelte del più forte che imporrebbe unilateralmente agli altri l’allontanamento. E’ così complicato comprendere che è proprio questa la situazione peggiore, quella di chi a torto o ragione ritiene di avere dovuto subire un diktat, non dovrebbe essere ovvio anche per i vari Fubini che sia meglio un sereno divorzio preso di comune accordo che una convivenza forzata che sfocia in separazioni brusche e che non escludono fatti di sangue successivi?
Tornando agli stessi precedenti storici che Fubini cita, forse sarebbe interessante notare come essi siano avvenuti in aggregazioni statali forzate, che sono state determinate da scelte di vertici politici ristretti e non condivisi dai corrispondenti popoli. Ma la cosa più rilevante è che si trattò di separazioni scelte unilateralmente, mentre altre parti di quegli stessi stati si opposero fieramente subendole solo dopo essere stati sconfitti. E’ interessante come Fubini legga quegli eventi con lenti deformanti. Mi ricorda la famosa barzelletta del ricercatore tedesco che togliendo progressivamente le zampette ad una pulce ammaestrata, quando dopo averle tolte tutte verifica che la pulce non obbedisce più all’ordine impartitele di saltare, conclude dicendo che la pulce senza zampette diventa sorda.
Anche senza andare alle situazioni estreme di eventi bellici intraeuropei che davvero tutti speriamo sia comunque possibile scongiurare, rimane il problema di come dare attuazione a un’Europa federale. Non v’è dubbio che si tratti di un problema enorme e si capisce quanto possa apparire deprimente qualsiasi stop a quel processo di progressiva integrazione partito nell’ultimo dopoguerra ed ostinatamente portato avanti da politici europei lungimiranti.
Ciononostante, non servirebbe a nulla chiudere gli occhi alla realtà e capire che quel processo così difficile a causa della storia pregressa che ha sempre visto questo continente così dilaniato al suo interno, ha subito una grave interruzione a causa di un’unica mossa sbagliata, quella di affidarsi all’unione monetaria.
Dare una fine all’esperimento dell’euro può solo migliorare le cose, non peggiorarle. Non sono in grado di dire se sia possibile mantenere il resto dell’unione europea. Forse, e lo dico dubitativamente, sperimentare quanti vantaggi c’ha dato un’europa unita provando cosa perdiamo se ci separiamo, potrebbe tradursi in un nuovo momento di slancio del processo federalista.
Certamente, questa ostinazione ad ignorare le conseguenze di una guida così pusillanime dell’unione non può che portare guai a tutti.
Diciamoglielo a costoro che la smettano e che se ne tornino a casa, senza questo resettaggio, l’Europa futura non potrà che essere una schifezza, un ulteriore peggioramento di quell’Europa che oggi vediamo sotto la loro guida.

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