sabato 23 giugno 2012

L'USCITA DALL'EURO DA SOLA NON COSTITUISCE UNA SOLUZIONE

La questione dell’uscita dall’euro si sta imponendo all’attenzione del grande pubblico in questi ultimi giorni, soprattutto perché il solito Berlusconi, sempre a caccia disperata di consensi, ha rilanciato questa ipotesi.
La natura strumentale della proposta avanzata non deve tuttavia provocare un suo rifiuto pregiudiziale la cosa va considerata in sé stessa, anche perché il modo sprezzante e sbrigativo con cui forze come PD ed UDC le liquidano, si basa anch’esso su pregiudizi. In verità, questa demonizzazione di una tale prospettiva si deve considerare da una parte cosa estremamente grave per forze che pretendono di considerarsi democratiche e di praticare l’argomentazione come metodo di definizione delle proprie scelte, e dall’altra puzza di paura, come se questi sapessero che approfondendo l’ipotesi potrebbe alla fine risultare che la loro posizione di difesa ad oltranza dell’euro sia indifendibile, ponendoli nella condizione di dovere rivedere le loro posizioni e magari perfino scusarsi dei loro errori...Lasciata dunque da parte ogni pregiudiziale, dovremmo tentare di dare una risposta razionale alla domanda che ci siamo posti, epperò ci rendiamo subito conto che qualsiasi ipotesi concreta richiede la specificazione delle sue modalità, che insomma parlare di uscita dall’euro non possa in alcun modo costituire un’alternativa praticabile in assenza della definizione di molti altri aspetti che se non specificati univocamente non consentono di qualificare l’uscita dall’euro come una proposta quanto forse piuttosto come una petizione di principio.
Intanto, l’Italia dovrebbe uscire dall’euro in modo unilaterale, o concordata, e se il modo dev’essere concordato, non si possono prevedere altri accordi in campo monetario, pensando a un euro due limitato soltanto ad alcune delle nazioni oggi coinvolte, o addirittura una sua scissione in due differenti monete, sempre però multinazionali?
In ogni caso, come noto, non esiste alcun accordo sulle modalità di uscita dall’euro, almeno non esiste ufficialmente, non è di dominio pubblico, e così non sappiamo come si intenda attuarla.
Un’altra questione connessa ed ineludibile riguarda cosa faremo del nostro debito statale, anzi direi che questa è una questione determinante, visto che si tratta di una cifra davvero esorbitante, prossima ai duemila miliardi di euro.
Se effettivamente si intende uscire dall’euro e contemporaneamente onorare i nostri debiti con l’estero, allora temo che la decisione di uscire dall’euro non sposti le cose di un millimetro. Difatti, sembra inevitabile che il cambio tra euro e la novella lira sia determinata dal mercato (come faremmo in caso contrario a praticare il commercio con l’estero?)
Ma non stiamo parlando di quello stesso mercato che con i suoi movimenti ha portato all’attuale situazione, ad esempio determinando un differenziale di tassi tra Germania e paesi ritenuti meno affidabili davvero consistente? Sembra allora ovvio prevedere che questo tasso di cambio tra valute sarà almeno per una più o meno lunga fase iniziale molto sfavorevole all’Italia, proprio in virtù dello stesso enorme debito. Sarà insomma un gioco da ragazzi per le grosse banche così terribilmente bisognose di denaro, aumentare surrettiziamente il nostro debito. Oggi, lo fanno alzando lo spread e di conseguenza gli interessi che dobbiamo pagare, domani lo potranno fare in maniera perfino più agevole semplicemente costringendoci a svalutare la nuova moneta nazionale, così che gli attuali duemila miliardi di euro diverranno una cifra spaventosamente alta nella nuova valuta, determinando per questa via l’impossibilità concreta di riuscire a pagarlo.
Così, come brevemente ho tentato di dimostrare, la questione dell’uscita dall’euro diventa una proposta soltanto ove si specifichi le modalità con cui farlo, con cosa verrà sostituito da noi e dagli altri paesi dell’attuale zona euro, e soprattutto cosa faremo il giorno dopo.
Accennerò brevemente a un ulteriore aspetto che chi mi legge con continuità già può immaginare che io richiami, e cioè come ci salveremo dal fallimento del sistema bancario globale, una prospettiva per me assolutamente inevitabile, che dobbiamo quindi dare per scontata. Ricordo che è di pochi giorni fa l’ulteriore iniezione di liquidità fornita alle loro banche dalla FED, che conferma da una parte lo stato comatoso del sistema bancario, dall’altro la risposta irresponsabile di un establishment che ormai assume provvedimenti col criterio del proprio perpetuarsi, del tutto alieno dal concetto di interesse generale. Possibile che non si rendano conto che bomba costituisca questa massa enorme di dollari in giro per il mondo, come in un attimo la gente possa smettere di considerare queste banconote come dotate di valore e cosa succederebbe soltanto il giorno dopo, come avremmo a che fare con uno tsunami che sarebbe vano tentare di arrestare?
L’irresponsabilità di costoro dovrebbe spingerci verso un maggiore isolamento internazionale, verso la difesa di una sovranità nazionale che servirebbe anche da scudo contro questo globalismo ultraliberista che ci sta mettendo in ginocchio, con l’adozione di adeguate misure di difesa doganale dei nostri prodotti, il che in realtà significa con la difesa del lavoro dei nostri concittadini, dei nostri giovani oggi così colpiti dalla disoccupazione.
Contro gli internazionalisti ad ogni costo, soprattutto in virtù della loro tradizione marxista, io sostengo che il vero internazionalismo stia oggi proprio in iniziative apparentemente nazionalistiche, ma nei fatti l'unico modo responsabile di opporsi alla globalizzazione liberista. Quest'opposizione si dovrebbe manifestare innanzitutto dimostrando che un singolo paese è riuscito ad uscire dal circuito globale ripristinando la propria sovranità, e costituendo così un esempio per altri paesi, un incoraggiamento a intraprendere un percorso analogo, che quindi la globalizzazione liberista non è un destino ineluttabile, ma che può essere rifiutata. Inoltre, sarebbe oggi doveroso riflettere sugli effetti concreti della condivisione di strutture e iniziative, dei legami sempre più stretti tra i paesi che apapre più una decisione forzata dalla globalizzazione più che una libera scelta, e che sta generando un'accumulaziione di rancori tra popoli differenti (il caso della Germania da una parte e dei paesi mediterranei dall'altra è emblematico) sul cui esito potrebbe risultare perfino tragico, con lo scoppio di conflitti armati ad oggi impensabili, ma le dinamiche di simili situazioni sono così improvvise da non permettere di abbassare la guardia.
Dal punto di vista che ho tentato di illustrare, non credete anche voi che la questione dell’uscita dall’euro meriti una ben più dettagliata specificazione e che senza questa, si rischia di parlare di una cosa indefinita e come tale non meritevole di un giudizio di accettazione o rifiuto?
Non credete voi che tale discussione, almeno nei termini generici in cui oggi viene svolta rischia alla fine di distrarre dalla questione veramente centrale e decisiva dell'inondazione di liquidità da parte delle banche, pienamente supportate da certi governi come tipicamente quello USA e quello UK, che non lesinano la creazione di denaro fresco per permettere questo perpetuarsi nella circolazione di ricchezza del tutto fittizia e che in un tempo non lungo ci portarà a un crack davvero distruttivo e dagli esiti incontrollabili?

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