mercoledì 2 maggio 2012

UN LUNEDI' INFUOCATO: LE GRANDI MANOVRE DI MONTI


Le decisioni assunte dal CdM il 30 aprile, proprio alla vigilia della festa del lavoro, ma forse ancor più il modo in cui Monti le ha presentate nel corso della conferenza stampa tenuta al termine della seduta del CdM, hanno destato molto scalpore.
In effetti, mai Monti aveva criticato in maniera così radicale l’area di destra, coinvolgendo così sia il governo precedente che l’attuale politica delle formazioni della ex maggioranza.
Del resto, anche le decisioni assunte con le nomine di tre tecnici, una parola così abusata che ha finito per perdere ogni significato almeno nell’ambito politico, hanno avuto certamente un impatto notevole sulla cosiddetta opinione pubblica.
Come si sa, Monti, che pure per i primi mesi del suo mandato aveva curato molto la sua immagine pubblica rilasciando spesso interviste e dichiarazioni, anche in luoghi così importanti come i talk-show televisivi, che perfino dall’estremo oriente non aveva mai trascurato di farci avere il suo pensiero, secondo un malcostume politico di lunga data che declassa gli appuntamenti internazionali ad elementi di politica interna, aveva di colpo sospeso tutto questo presenzialismo, suscitando nei mass media voci di una sua situazione di difficoltà, quasi insomma che Monti fosse sul punto di lasciare il suo mandato...

Ieri dunque, assistiamo a questa svolta, a questo suo ripresentarsi sulla scena mediale con atteggiamenti fortemente connotati, e naturalmente ci si chiede il significato di tali gesti, su cui possiamo solo congetturare.
La mia personale opinione è che gli atti di lunedì passato non costituiscano una svolta rispetto ai giorni precedenti, ma che anzi ne siano una piena conferma, la debolezza di Monti, prima manifestatasi attraverso un ridimensionamento della sua visibilità, ora causa decisioni e dichiarazioni fin troppo visibili, come un tizio che dopo essere stato in silenzio per ore, improvvisamente si metta ad urlare senza apparente motivo, senza che siano avvenuti fatti tali da giustificare questa improvviso cambio di atteggiamento. Direi insomma che la debolezza di Monti si manifesta oggi sotto forme differenti da quelle viste nei giorni precedenti senza smettere di essere una palese debolezza. Certamente, ciò implica che Monti stia tentando di resistere ad un assalto che ancora oggi egli vede come molto pericoloso, e che quindi, magari dopo aver vagliato seriamente la possibilità di arrendersi, abbia alla fine deciso di reagire in maniera veemente.
La parte più significativa, come dicevo, mi sembra quella delle dichiarazioni, dell’attaco frontale all’area del PDL che infatti così ha inteso Cicchitto, reagendo a sua volta abbondantemente sopra le righe.
Qui, sembrerebbe che Monti voglia intervenire incisivamente nell’area politica a lui più consona, la destra, non si sa se per sé stesso o per sostenere altri.
Probabilmente, la decisione sul beaty contest da parte del potente ministro Passera che sembra giocare un suo personale ruolo nella fase politica non esattamente coincidente con quello del suo presidente, ha innescato una serie di reazioni, alcune probabilmente sotterranee, che sembrano ora aprire uno scontro difficilmente ricucibile, e di cui il recente incontro Napolitano – Berlusconi sembra costituire un passaggio molto importante, anche se per noi del tutto ignoto (significativo il silenzio dell’altrimenti così loquace ex-premier).
Monti deve aver pensato, sulla base del famoso detto “a la guerre comme a la guerre”, che era il momento di tentare il colpaccio, e cioè spaccare il PDL che si sa non gode di grande salute.
Il problema del PDL è che esso non è mai stato un vero partito, limitandosi a costituire la corte di Berlusconi. Nel momento in cui Berlusconi perde consensi nel paese, sembra anche per motivi anagrafici uscire dal palcoscenico mediale, almeno dalla sua parte più visibile, lo stesso motivo della sua esistenza viene meno. Ormai, direi che esista soltanto un’area di destra in cui si fronteggiano varie fazioni, e le più significative sono quelle di Casini che gode dell’appoggio di Pisanu, ma presto potrebbe perfino diventare maggioritario data la presenza massiccia di ex-democristiani da quelle parti, degli ex-AN che sono molto minoritari, ma nello stesso tempo appaiono come i più organizzati, e di Alfano che include i fedelissimi di Berlusconi, tra cui lo stesso Cicchitto che vede sparirgli attorno le truppe nel campo dove svolgeva un suo ruolo fondamentale, e naturalmente reagisce di conseguenza. Direi insomma che Monti attualmente lavori fattivamente per Casini che poi potrebbe significare anche lavorare per sé stesso.
Infine, qualche parola la meritano anche le sorprendenti nomine, che sembrano rappresentare l’aspetto più obiettivo delle difficoltà di Monti. Sulle dichiarazioni e sulle manovre conseguenti, si capisce che si tratti di pure congetture, anche se ho tentato di suffragarle logicamente, ma sulle nomine siamo ben aldilà delle semplici congetture, le difficoltà che incontra il governo ad agire già solo nel predisporre le proposte di riforma, mostrano che probabilmente nel governo non c’è molta concordia, che quindi includere gente come Amato serva a Monti per spostare dalla sua parte gli equilibri (d’altra parte, chi se la può bere che Amato sia meno politico di Giarda, qui siamo alla pura farsa).
Nello stesso tempo, questo appannamento nell’azione di governo costituisce un’ulteriore evidenza che il vero mandato del governo Monti è già stato eseguito con la riforma fiscale e quella delle pensioni, i veri atti che l’establishment finanziario internazionale aveva dettato tramite i suoi fedeli servetti della BCE e la sua lettera.

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