mercoledì 16 maggio 2012

L'ERA DELLA APOLITICA


A volte, un evento improvviso, inaspettato, anche apparentemente di limitata rilevanza, può risultare illuminante.
Ieri, a seguito del declassamento di un gran numero di banche italiane da parte dell’agenzia di rating Moody’s, l’ABI ha risposto in una maniera violentissima, con un comunicato che così duro non avevamo mai letto dagli altrimenti così compassati ambienti dell’ABI (associazione bancaria italiana).
Perché trovo così illuminante questa risposta a muso duro dell’ABI a Moody’s? Perché qui si parlano due organismi che appartengono allo stesso ambientino, a quell’ambiente della grande finanza internazionale che ha costruito questa rete finanziaria internazionale in cui  a quanto pare tutti i paesi, nessuno escluso, sono rimasti impigliati. Si parlano tra simili, tra colleghi, e quindi ciò che dicono è degno della massima attenzione della massima affidabilità. Ricorderete anche voi i tempi del liceo, quando tra noi compagni di classe sapevamo ognuno di noi quanto valesse, e come guardassimo con sufficienza al voto, al giudizio espresso da quei poveri insegnanti che non capivano, che non riuscivano come noi ad avere il quadro preciso della preparazione dei loro alunni.
Ecco, sentire l’ABI che qualifica in sostanza come criminali le grandi agenzie di rating, non è come leggerlo in un blog come il mio, essi sì che sanno cosa dicono, tra compagni di merenda...
E’ come squarciare un velo di menzogne...
...con cui c’hanno circondato e che ci allontana dai luoghi veri delle decisioni, gli uffici delle grandi banche d’affari, per distrarci con le diatribe senza fine e senza costrutto della cosiddetta politica.
Se ci pensate, oggi la differenza tra un politico e un giornalista, è davvero minima, entrambi sono ospiti dei talk-show televisivi, entrambi parlano di politica, entrambi ne parlano da osservatori, visto che ciò che conta avviene in tutt’altre sedi. Ed ancora è significativo come il mondo dell’informazione e quello della politica si sostengano l’un l’altro, l’informazione, soprattutto quella italiana,davvero non potrebbe esistere se non ci fosse quel chiacchiericcio legato a quelle bocciofile che sono diventati i partiti, né questi partiti potrebbero avere presa sull’opinione pubblica senza questa azione di divulgazione da parte della stampa.
Immaginate un bel palcoscenico, molto grande , con una platea enorme, un teatro colossale, tale da contenere come pubblico tutti noi, tutti i cittadini. Sul palcoscenico si succedono gli attori, a volte li chiamano politici, a volte giornalisti, ma in verità, indipendentemente da come vengano chiamati, lì, su questo palcoscenico così importante, vanno per fare la stessa cosa, recitare.
Badate, quando dico recitare, non intendo esattamente che tutti loro mentano intenzionalmente, la recita è compatibile anche con la buona fede. Per qualificare tutto ciò come una recita, è sufficiente che la realtà stia fuori da quegli ambiti, che ad esempio lì si creda di decidere qualcosa quando con tutta evidenza ciò che è davvero importante, avviene altrove e tu, che pure pretendi di determinare con la tua azione, magari anche da segretario di un partito premiato da consensi, le sorti del tuo paese, in realtà ti limiti a ratificare scelte compiute altrove.
Mi chiedo se non sarebbe possibile, tanto per intenderci sulle parole, sulle parole quotidianamente massacrate da chi ha interesse a lasciarci in questo mondo della menzogna sistematica, che il significato di antipolitica fosse proprio questo, è antipolitico colui che intende la politica come ratifica di decisioni assunte in altri ambiti.
No, non credo che ciò sia possibile, ed allora, richiamando un termine che avevo coniato in un vecchio post su questo stesso blog, io parlerà di apolitica, di assenza della politica, della negazione stessa della politica, della radicale negazione della politica come spazio pubblico, in un modo ancora più radicale degli antidemocratici, che negano il diritto del popolo a decidere, ma riconoscono comunque che la politica sia di pubblico dominio, che magari il dittatore di turno possa domani decidere in maniera autoritaria un certo provvedimento, ma che tale decisione ci venga almeno ufficialmente comunicata, che diventi appunto una decisione unilaterale, ma di pubblico dominio. Nell’era presente, quella della apolitica, le decisioni non solo sono assunte in modo autoritario da una ristrettissima cerchia di persone, ma anche dopo essere state assunte, rimangono segrete, e la loro attuazione avviene in maniera obliqua dettando ai partiti cosa debbono fare per darne esecuzione.
Di questa politica che domina in Europa, che si limita nei fatti a constatare, visto che non fa neanche mistero di prendere i mercati come proprio giudice, non sappiano che farcene, ed è per questo che l’incontro tra Merkel e Hollande non mi ha appassionato, che sono fortemente scettico che da lì possano venire fuori novità. Checchè se ne dica, le elezioni francesi non rappresentano il nuovo, rappresentano il vecchio della politica, uno stanco rito che pretende di cambiare il mondo senza prendere atto dei punti di snodo, delle questioni cruciali che ci dicono se rimaniamo dentro questa gabbia in cui c’hanno rinchiusi, o se al contrario cominciamo a lavorare sulla serratura per aprirla con le buone o con le cattive.
Per questo, ho seguito con molta più attenzione l’evoluzione delle vicende greche, lì dove la drammaticità della situazione, rende gli atti conseguenti estremamente significativi, non si gioca con il decimale in più o in meno del PIL, si gioca con la stessa sopravvivenza delle persone.
Per il fatto che il gioco importante avviene ad un altro livello, ho considerato con la massima attenzione la vicenda del buco finanziario della banca d’affari Morgan Stanley, che ricorda a chi l’avesse colpevolmente dimenticato, non io che ne parlo tanto spesso da risultare immagino anche noioso, come la crisi dei titoli tossici non è affatto terminata, che le pratiche bancarie continuano ad essere le stesse perché solo così le banche riescono a non fallire.
Allora, poche ciance, la Merkel sarà anche odiosa, ma quali sono i politici europei che sono d’accordo sul fallimento delle grandi banche, sulla ricostruzione da parte degli stessi stati di un nuovo sistema bancario internazionale, basato su regole nuove che impediscano le speculazioni che c’hanno portato a questa situazione? Non credo che così la pensi Hollande,né la Kraft (cose buone dal mondo…), non la pensa così da noi Bersani, ma neanche temo Vendola, non vedo partiti di dimensioni significative che portino avanti tali posizioni, come non vedo movimenti, movimentini, occupy e indignados di ogni tipo che abbiano centrato questo come loro obiettivo principale.
I famosi fatti sono però terribilmente resistenti, e nessuno riuscirà ad esorcizzarli credendo che stampando moneta ed innescando una timidissima ripresa saremo fuori dal tunnel, questo toro del sistema bancario qualcuno prima o poi dovrà prenderlo per le corna se ne vorremo davvero uscire.

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