sabato 3 marzo 2012

IL SALTO DI QUALITA' CHE LA LOTTA NO TAV DEVE AVERE

Purtroppo, le preoccupazioni che manifestavo in un post precedente sembrano essersi rivelate fondate. 
Con le dichiarazioni di ieri dello stesso premier, e quindi col massimo di autorevolezza, il governo reitera la sua intenzione di procedere verso la realizzazione della TAV, confermando tra l'altro ancora una volta il suo modo di intendere il dialogo, cioè col risultato già definito. E' un modo davvero singolare di intendere il dialogo che somiglia più che altro a una solonne presa in giro. 
Dall'altra parte, gli oppositori manifestano intendimenti altrettanto decisi, ribadendo di non avere alcuna intenzione di smettere di lottare, un vero e proprio muro contro muro. 
Questa faccenda non mi piace per niente, perchè davvero non si capisce che sbocco possa avere, se non tragico, ed uso questo aggettivo senza esagerare, tragico come sono tragiche le morti, quelle che temo ci aspetteranno nelle prossime settimane. 
Il punto è che una lotta come questa mette in crisi non solo lo specifico progetto, ma una filosofia, un'ideologia dovrei dire, quella di un capitalismo in crisi sistemica e pertanto al massimo della sua pericolosità, quella stessa che c'ha consegnato questo governo e questo premier, mettendo in cassa integrazione un parlamento di infima qualità, ormai preda di appetiti individuali. 
Una parentesi vorrei qui dedicare a Berlusconi, che ha ceduto il governo solo nel momento in cui era chiaro che avrebbe perso il suo impero industriale. Oggi, dopo essersi salvato da una condanna processuale per il rotto della cuffia, di fronte a uno spread che finalmente torna a sfiorare quota trecento, torna a fare il Berlusconi di sempre, iniziando a sgambettare il suo servo più fedele, quell'Alfano che pure gli si è mostrato perennemente fedele. 
Io penso che l'incapacità dei vari movimenti, e quello NO TAV non sembra fare eccezione, di cogliere il livello decisivo dello scontro, un ordine che il capitalismo non può, piuttosto che non vuole, abbandonare, e che anzi deve rafforzare, rendere più stringente ed implacabile, costituisca un elemento di estrema gravità da più punti di vista...
In primis, è difficile sviluppare una politica delle alleanze, che, se collocate all'interno di uno scontro così specifico, rappresentano soltanto un elemento di solidarietà, non un vero mettersi assieme sulla base di un grande obiettivo comune. 
Inoltre, bisogna capire cosa succede se si perde sulla TAV, soprattutto se si perde con una logica dello scontro tra la vita e la morte. Il pericolo che manifestavo, e che mi pare di dover riconfermare, è che questa sconfitta non sarà digerita così facilmente. Il rischio è che dovranno passare forse decenni prima che la gente si riprenda da una tale botta. Questi decenni però l'umanità non li ha, e se continuiamo ad affidare le sorti del mondo ai liberisti che puntano a una crescita indifferenziata, prima che ci siano le condizioni per una politica e per un mondo nuovo, vi saranno disastri ambientali di tale portata da rendere questo pianeta inabitabile per l'uomo. 
D'altra parte, è evidente che il quadro delle politiche praticabili non è assolutamente all'altezza della sfida che abbiamo di fronte; basti pensare che dovremmo affidarci a gente come Di Pietro o tuttalpiù come Vendola, che non mi pare abbiano elaborato modelli sociali alternativi.
Ci vorrebbe qualcuno che fosse in grado di porre sul tavolo le questioni decisive che abbiamo di fronte senza mascherarle in alcun modo. 
Dovremmo dire che l'Europa di Napolitano e di Monti non c'interessa, dovremmo dirlo chiaramente che l'Europa che pure vogliamo non può costituire un aggiustamento dell'attuale, è tutta un'altra cosa, e che anzi l'Europa di oggi costituisce l'ostacolo maggiore alla costruzione di un vero progetto federalista. L'Europa è oggi l'orco cattivo delle fiabe, serve con i suoi organismi designati e non eletti a conculcare ogni parvenza di democrazia nei paesi europei. 
Dovremmo dire che il sistema bancario globale è già tecnicamente fallito, e presto il sostegno necessario per nascondere questa realtà e che gli stati dal 2008 stanno offrendo non sarà più sufficiente, e che nessuno sa come uscirne. 
Dovremmo dire che invocare la crescita per uscire dalla crisi non è più possibile, e che comunque neanche una crescita mondiale a livello dei paesi BRICS sarebbe sufficiente allo scopo. Non è possibile perchè questa pianeta sta scoppiando, sottoposto alla voracità di capitalisti irresponsabili e all'incapacità di governanti pusillamini, contenti di potere attingere a qualche meschino privilegio che i capitalisti concedono loro. 
Se queste cose, almeno queste tre che elencavo, non entrano nella mentalità comune, non si vede che sbocco la grave situazione contemporanea possa avere. 
Non  è più tempo di gesti esemplari, di lotte specifiche, di obiettivi limitati. Se l'obiettivo non è significativo,non cambia l'essenziale, sarà ottenuto, se lo cambia non sarà raggiunto, qualunque sia il livello dello scontro. Tanto vale a questo punto puntare all'impossibile che può diventare reale prima di quanto possiamo immaginare.

2 commenti:

  1. Puntare al bersaglio grosso, alla madre di tutti i problemi. Concordo. In realtà credo che tutte queste lotte specifiche (no tav per es ma anche quelle di tantissimi lavoratori che occupano le fabbriche che li vogliono licenziare) siano in effetti la risultante del problema che esiste alla radice e che tu hai messo in evidenza. Forse se tutti questi movimenti oltre che a lottare per difendere i loro diritti si unissero per combattere proprio per il bersaglio più grande, chissà forse ci sarebbe un unico enorme movimento che però, secondo me, non potrebbe limitarsi ad essere italiano ma, proprio perché coinvolge l'UE e l'Europa così come é erronemente intesa oggi, dovrebbe alimentarsi in tutto il vecchio continente. Quindi una lotta che partisse da qui per estendersi ovunque.

    Sarebbe davvero la svolta, una svolta difficile perché la crisi é così forte da portare ciascuno a lottare per salvare la propria area di sopravvivenza ma non é ancora così devastante da portare a rendersi conto che tutto é perduto e quindi tanto vale unirsi per riavere tutto.

    Hai cmq ragione, la tua analisi é giusta. C'é da augurarsi che ci sia presto la scintilla che accenda questa presa di coscienza collettiva e oserei dire globale.

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  2. Daniele, è un piacere rivederti qui dopo tranto tempo.
    Mi pare siamo d'accordo.
    In effetti, quei tre punti corrispondono a una prima presa di coscienza, poi rimane il problema enorme di come costruire un nuovo modello sociale: tuttavia, senza rendersi conto del mondo in cui ci troviamo, non è pensabile neanche l'aspirazione a qualcosa di nuovo.

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