venerdì 10 febbraio 2012

MONTI NEGLI USA: LE RAGIONI DI UN TRIONFO


Molti titoli dei quotidiani di oggi sono dedicati alla trasferta americana di Monti e al suo trionfo, e mi sto riferendo non esclusivamente ai quotidiani italiani.
Io mi chiedo però dove stia la notizia, se non vi è qualcosa di prevedibile, direi perfino di scontato in questa accoglienza così positiva che riceve il premier italiano nel centro dell’impero.
Dovremmo io credo contestualizzare, ricordare in che genere di guai tremendi si trovi questo centro dell’impero, con un presidente fortemente azzoppato che ha definitivamente rinunciato a quasi tutte le promesse fatte al momento della sua candidatura, che tra qualche mese si troverà a duellare con dei candidati repubblicani che non è per niente esagerato definire fascisti, che portano avanti tesi deliranti. Siamo negli USA davvero nella stagione dei “dilettanti allo sbaraglio”: da una parte un presidente che appare ormai come un patetico buffone, e dall’altra parte degli avversari così ultrareazionari nelle loro tesi che una volta insediati dovranno anch’essi rimangiarsi tutte le frottole con cui riempiono la loro campagna elettorale. D’altra parte, la Casa Bianca non rappresenta più il centro del potere mondiale, bisogna andare un po’ più a nord, dalle parti di Manhattan e di Wall Street per trovare il vero centro del potere mondiale.
Ancora a fini di contesto, non è possibile dimenticare che Monti è uno dei “boys” della Goldman & Sachs, assieme all’altro Mario che si è insediato nel più alto scranno della BCE, Mario Draghi. Insomma, per l’establishment finanziario USA, Monti e Draghi sono due di loro, quella è la loro formazione, quella è la forma mentis da cui, una volta formati, è difficile se non impossibile uscire. Per chiarire ulteriormente, se poi si riesce ad uscire dalla forma mentis, si esce anche dall’establishment.
Ora, noi, proprio perché siamo così vicini, non ce ne rendiamo conto, ma in Italia sta avvenendo un esperimento davvero innovativo, come cioè innestare senza attuare alcun colpo di stato, un potere estraneo al mondo della politica dei partiti, e farlo con l’assenso di quegli stessi partiti che sono stati privati del potere, e inoltre sotto la regia di un Presidente della Repubblica così interno al sistema dei partiti che sarebbe difficile trovarne uno che lo sia più di lui.
Si tratta quindi di un esperimento innovativo sotto il profilo politico-istituzionale. In realtà, gli aspetti innovativi non si limitano a ciò, ma investono anzi direi soprattutto l’aspetto più propriamente economico. Anche qui, dall’interno del nostro paese non è così facile rendersene conto, ma in Italia sta avvenendo qualcosa di inedito.
USA e Regno Unito hanno imboccato con decisione la strada della cura dell’eccessiva liquidità con ulteriore liquidità, ad un sistema bancario tecnicamente fallito per la lievitazione nella quantità di titoli emessi, si continua a fornire liquidità rinviando il momento in cui ciò non sarà più possibile perché anche il denaro smetterà di avere valore.
La Germania fa finta di non vedere il problema e si occupa solo del debito pubblico, verso cui manifesta il rigore più assoluto, mentre non esita un istante a coprire contemporaneamente il debito privato...
Si tratta palesemente di due ipotesi entrambe assurde e che non potranno che portare ad un disastro annunciato. La Germania presumibilmente sottovaluta la profondità e soprattutto la rapidità della crisi, e sta compiendo un gioco sporco per conquistare potere crescente sia in ambito Unione Europea che in un ambito mondiale, ignorando deliberatamente come il disastro la coinvolgerebbe in ogni caso, anche se cioè i giochetti in corso le riuscissero perfettamente. Gli USA invece hanno piena consapevolezza del disastro prossimo venturo, ma non sanno egualmente come evitarlo.
E’ in questo contesto che potremmo definire disperato, che si colloca il viaggio di Monti.
Monti sembra proporre in Europa una ricetta molto simile a quella USA (non è che sia possibile inventarsi davvero qualcosa di totalmente nuovo…), e tenta di dimostrare la sua capacità di saper mediare questo suo punto di vista con quello esattamente opposto della Germania della Merkel. La missione di Monti è insomma quella di evitare l’accelerazione della crisi che la politica propugnata dalla Germania causerebbe, offrendo a questa nazione una adeguata contropartita, garantendogli cioè quel che vuole ottenere senza indurre colpi decisivi all’economia mondiale.
Ora, non starò certo a fare ipotesi sulle possibilità di successo di Monti in ambito europeo. Il punto che mi preme chiarire riguarda le motivazioni del successo di Monti negli USA.
Riassumendo, da una parte ci sta una situazione disperata che richiederebbe una grande compattezza da parte di tutte le nazioni, e in cui invece si osserva una grande divisione che rende sempre più deboli gli stati rispetto all’establishment finanziario globale, dall’altra ci sta l’omogeneità culturale di Monti agli USA ed al loro mondo politico-finanziario e quindi la sua credibilità in quell’ambiente.
Quando del resto, si va ad esaminare i provvedimenti che Monti ha elaborato e quelli in cantiere, ciò che colpisce è sempre questa sua fiducia incrollabile sulla forza propria del mercato e dei suoi meccanismi, una fiducia che può essere accostata alle fedi religiose.
Più insomma i fatti dimostrano che il mercato non è la soluzione ma è il problema, più Monti e il suo mondo insistono nel proporre soluzioni che si basano tutte su come liberare il mercato, indurre la competizione e la produttività.
E’ proprio questa sua fede incrollabile che ci fa pensare che un governo a guida Monti non può che aggravare la situazione. Qui insomma non c’è alcun bisogno di invocare chissà quale complotto, dire che Monti è l’uomo della Goldman & Sachs non significa affatto dire che egli operi consapevolmente a favore di quella finanziaria magari tradendo il proprio paese, ma che la sua mentalità, il suo modo di essere e di ragionare si iscrivono in quella stessa logica e che pertanto essersi messi nelle sue mani corrisponde ad affidare la salvaguardia di una vergine ad un satiro.

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