giovedì 1 settembre 2011

DIRITTI ACQUISITI ED ALTRE AMENITA'

E' interessante riflettere sulle reazioni, almeno quelle che la stampa ci consegna come vere, alle iniziative del governo.
Personalmente, non trovo le misure proposte e successivamente ritirate più vergognose di quelle che abbiamo subito nel passato, ad esempio quelle che c'ha propinato il governo Amato nei primi anni '90. Allora, non so se ci sia una operazione di rimossione collettiva, tassarono da un giorno all'altro i depositi sui conti correnti bancari con una tantum niente affatto simbolica, una botta consistente. Pensate un po' ad u8n cittadino che deicde di cambiare casa, e così vende quella che possiede per acquistare la nuova. Naturalmente, almeno qualche giorno di differimento tra le due operazioni è inevitabile, e così, magari solo per un giorno, i soldi da adoperare in questa operazione di giro si troveranno depositati sul conto corrente bancario. Pensate a quei poveracci che depositarono proprio il giorno di attuazione del DPR di Amato, è difficile perfino immaginare un'operazione più iniqua che colpiva a casaccio lo sfigato di turno. Ce la siamo bevuti lo stesso senza tante storie, e tuttora il giudizio storico su quel DPR è quella di un'operazione certo dolorosa, ma comunque meritoria, perchè ci permise di agganciarci all'Europa, processo che come noto, si concluse con l'adesione all'euro.
Riprendo questo caso per confrontarlo con i recenti provvedimenti proposti e bocciati dal governo, innazitutto il cosiddetto contributo di solidarietà e l'intervento sugli anni di pensione riscattati. Due provvedimenti in sè odiosi, ma, ammettiamolo, far pagare redditi superiori a un certo ammontare, è sempre meglio che far pagare indistintamente tutti come avverrà con l'aumento dell'IVA. Anche il secondo provvedimento aveva una sua logica, non recava un danno economico, ma semplicemente evitava l'anzianità finta. Due provvedimenti certo con una certa dose di arbitrarietà, ma niente a che vedere con la tassa sull'ammontare all'ora X dei depositi bancari!
Ciò solleva due aspetti di interesse generale, da una parte la questione dei cosiddetti diritti acquisiti, e l'altro quello di stile governativo, da cui partirò.
Giustamente, il governo è stato ampiamente criticato per questo atteggimento buffonesco, proporre e poi ritirare. Sarebbe però necessario entrare meglio nel merito: è la proposta ed il suo contenuto specifico che squalifica il governo o lo è invece il suo ritrarsi?
Io non avrei dubbi, ogni provvedimento, soprattutto se viene presentato come un'emergenza nazionale, non può che essere intrinsecamente arbitrario, e quindi anche con una certa dose di iniquità. Non è quindi la specifica proposta che possa, a livello di stile di governo, essere criticata, deve esserlo nel merito, ma non può esserlo l'inevitabile elemento di arbitrarietà che conterrà. Ciò che davvero indigna è l'ìincapacità di questi buffoni di difendere le decisioni collettivamente assunte, che a questo punto impedisce l'assunzione di ogni possibile provvedimento, soprattutto se colpisce solo una parte dei cittadini.
Badate che questo aspetto è preoccupante, e in Sicilia molto diffuso: corrisponde insomma alla tendenza inevitabile al venir meno dell'interesse generale a favore di interessi particolari.
Vedrete che l'ipotizzato aumento dell'IVA non solleverà soverchie resistenze, semmai saranno i commercianti a protestare, ma i più poveri che pagheranno lo stesso identico aumento dei ricconi non fiateranno, niente a che vedere con medici e magistrati scatenati sulla questione degli anni riscattati.
A questo punto, si dovrebbe chiarire perchè il governo si muove come una barca nella tempesta, sballottati di qua e di là in balia dell'ultima onda. Ciò è dovuto alla sua stessa natura, questo elemento spettacolare che ha l'unica funzione di incantare gli elettori: insomma, è come se avessero sbagliato l'ultima campagna pubblicitaria. In parte, è l'inevitabile costo della democrazia, chi governa deve badare a farsi rieleggere, e può capitare che pensi solo a questo.

Ho lasciato in coda la questione dei diritti acquisiti, su cui voglio essere chiaro, tali diritti non esistono, punto. E' evidente che un qualsiasi provvedimento approvato modifica la laegislazione esistente, e pertanto cambia il quadro legislativo complessivo, così che un diritto, se non costituzionalmente garantito, può essere annullato dall'oggi al domani se il parlamento approva un determinato provvedimento. D'altra parte, a cosa servirebbe un parlamwento che non avesse competenza sull'attività legislativa pregressa, e ne dovesse subire passivamente gli effetti?
Così le urla e i lamenti sul riscatto degli anni di pensione sono in realtà un coro abilmente intonato da potenti lobbies, trovando un'adeguata eco sui mezzi di informazione, ma che ha comunque il pregio di avere avuto successo.

Infine, tutto questo dibattito su dove tagliare e su cosa salvare non mi appassiona troppo nel momento in cui da' per scontato il subire il ricatto internazionale.
Altra cosa ovviamente è la necessità di "mettere ordine nei conti", cioè combattere iniquità di ogni genere, in primis l'evasione fiscale: ciò però dovrebbe essere perseguito anche se paradossalmente fossimo in attivo, in sè non ha alcuna specifica attinenza col problema emergenziale di cui tanto si va discutendo.

8 commenti:

  1. Interessante questo post.
    Sono perfettamente d'accordo quando dici che i provvedimenti urgenti sono per loro stessa natura iniqui e che sarebbe assurdo che un governo non possa modificare le leggi precedentemente varate da quelli precedenti.
    Permettimi di dissentire circa i diritti acquisiti. Non mi pare proprio vero che non esistano, bensì è, ahimè, concretissimo il rischio che te li sfilino di sotto al naso se non li difendi e non li utilizzi quotidianamente.
    Infine, dissento profondamente sull'assunto che non riconoscere l'anno di militare e quelli di studio in fondo non sarebbe stato poi così grave.
    Innanzi tutto è gravissimo che lo Stato ti obblighi a fare un anno al suo servizio e poi all'improvviso ti dica che in realtà hai fatto del volontariato.
    In più, è una discriminazione di genere, colpendo solo i maschi.
    Infine, non riconoscere gli anni di studio, il cui riscatto non è gratuito, anzi, mi sembra una manovra senplicemente ignobile.

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  2. @BC
    Beh, se dici che vanno difesi, mi dai ragione, essi non esistono come fatti acquisiti e non revocabili, tanto che vanno difesi con perseveranza, sono cioè diritti revocabili.
    In quanto alla questione del riscatto, non v'era danno economico perchè venivano coumnque conteggiati per definire l'importo della pensione, erano solo scomputati dal calcolo delle condizioni di pensionamento. Quindi, nessun furto propriamente economico, solo la realizzazione di un parziale aumento dell'età pensionabile.
    Mi interessava comunque osservare come in Italia la difesa dei piccoli gruppi sia molto più efficace della difesa dell'intera comunità.

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  3. Condivido il commento del mio "quasi" omonimo. E aggiungo che il problema della "discriminazione" che colpirebbe solo i maschi è reale. Sull'altro piatto della bilancia, allora, avrebbero potuto comunicare alle dipendenti che hanno fruito del periodo di pre e post-maternità, sorry, in quel periodo non avete lavorato e lo dovete recuperare. E così per le ferie godute, e per i periodi di malattia...

    Concordo, invece, che si debba assolutamente metter mano alle pensioni (ma nessuno ha parlato di quelle dei parlamentari dopo 1 anno di legislatura, o sbaglio?). Una proposta della Lega (a volte dicono cose sensate anche loro...) si riferiva al controllo delle pensioni di reversibilità. Qualcuno ha urlato allo "lo scippo alle vedove"... Cavolate. Mio padre nel 2000 percepiva una pensione di quasi 5 milioni di lire. Alla morte della sua seconda moglie (artigiana, con un trattamento di circa 500.000 lire/mese) qualcuno gli ha fatto avere anche la reversibilità di quella pensione, circa 250.000 lire al mese, senza valutare la consistenza della pensione primaria. Senza figli a carico, con una casa di proprietà e con un assegno mensile più che congruo, da "erede tafazziana" dico che quello sì, era un privilegio (o un diritto acquisito) assolutamente revocabile.
    E spero ancora che lo sia.

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  4. @BC.essa
    Suffisso femminile per distinguere, carino no? :-D
    La discriminazione sessuale era a monte, nel far fare la leva solo ai maschi, non sorge certo adesso, no?
    Per il resto, arbitrarietà inevitabile, come tentavo di illustrare nel poster...
    Ma intervengo soprattutto per precisare che non sono d'accordo nello spostare in avanti l'età della pensione, semmai la accorcerei per far spazio ai giovani. Penso insomma, come ho detto altrove (http://ideologiaverde.blogspot.com/2011/08/aspoetti-generazionali-dellattuale.html), che spostare in avanti l'età pensionabile colpisce anche se indirettamente i giovani, e alla fine si rivela come un danno per l'intera comunità, far lavorare un anziano, probabilmente demotivato e sicuramente più stanco e meno efficiente, rispetto al giovane che ne potrebbe prendere il posto: meglio un 65enne a spasso che un 25enne, credo che questo sia ovvio per tutti.
    Se si guarda il dettaglio, il fatto che in un caso si deve erogare una pensione e nell'altro no, si perde di vista il complessivo, cioè che alla fine qualcuno dovrà pure provvedere a mantenere quel giovane: se sarà la famiglia, ciò non nullifica questa esigenza di mantenerlo comunque. Se si dovesse intervenire sulle pensioni, lo si dovrebbe fare sugli importi, ma certo non sarebbe una faccenda popolarmente gradita Nel mondo occidentale, almeno sicuramente in Europa, esiste un enorme problema generazionale, non facciamo finta di ignorarlo.

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  5. Concordo con entrambi i Bastian.

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  6. Per prima cosa, l'intervento sulle pensioni andrebbe fatto, ma per aumentare quelle più basse. I soldi ci sarebbero, dato che l'Inps è in attivo per circa 5 miliardi all'anno. Basterebbe una leggina per obbligare a reinvestire gli attivi a favore dei pensionati stessi.
    In secondo luogo vorrei che qualcuno mi facesse capire che senso ha aumentare l'età lavorativa quando non c'è lavoro in giro, se non quello di condannare una persona a vivere nell'indigenza per più tempo.
    Poi, in un Paese con la più bassa natalità del Mondo non riesco a capire perché tutti parlano dei giovani: infatti tutti i governi che si sono succeduti negli anni fanno grandi discorsi sui giovani e poi intervengono sulle pensioni.
    Riformare le pensioni e spacciarla come politica giovanile, sarebbe come riformare la scuola elementare a beneficio di è laureato

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  7. @Vincenzo
    In un Paese in cui ormai in tanti ragionano secondo l'assunto "io sono io e voi non siete un cazzo!" non mi sembra così sconvolgente che il governo si interessi dei piccoli gruppi

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  8. @BC(1)
    Comincio dall'ultimo commento, non parlavo dell'interesse del governo per i piccoli gruppi, ma piuttosto dell'atteggiamento dei cittadini, che sembrano svegliarsi dal solito letargo solo quando si ritengono discriminati, quando ritengono che il gruppo in cui sono inclusi sia trattato peggio degli altri: è la consacrazione della morte dell'interesse generale.

    L'esistenza della questione generazionale non dipende dal numero di giovani, come dovrebbe apparire ovvio: che siano pochi o molti, sono trattati molto peggio degli anziani. Ricordo ancora i titoli dei giornali sulla trattenuta sugli aumenti delle pensioni, in cui ci si stracciava le vesti per il povero pensionato che con una pensione da 1200 euro, doveva subire una trattenuta di ben 8 euro!!!
    Ma, mi chiedo, perchè una pensione di 1200 euro, che è ovviamente assicurata per sempre, risulta misera, e uno stipendio di ottocento euro di un lavoratore precario non suscita eguali reazioni indignate.
    Io lo spiego con la mentalità del dato di fatto, una specie di diritto acquisito: se sei dentro, allora devi essere difeso, se sei fuori, allora prima di essere difeso, sta a te, magari mediante raccomandazioni, entrare nella cerchia dei garantiti: insomma, la definirei il permanere di una sorta di feudalesimo contemporaneo.
    Sui conti dell'INPS, non mi pronuncio, ma se è come tu dici, allora meglio fare andare in pensione prima, o alternativamente ridurre gli importi dei contributi, non certo aumentare le pensioni che, tra l'altro, sono quelle col sistema retributivo, e si ridurranno drasticamente comunque quando si passeràò al sistemacontributivo, già in vigore grosso modo con la classe del 1955.

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