domenica 17 luglio 2011

RECENSIONI: L'UMILTA' DEL MALE

Ho letto di recente uno smilzo libretto di Franco Cassano, un sociologo accademico, intitolato "L'umiltà del male", un'opera che ha ricevuto una certa attenzione sulla stampa e credo anche abbastanza venduta, se si considera che si tratta di saggistica.
Confesso una cattiveria, ma questa è la sensazione che ho ricavato: l'autore non sembra avere scritto questo libro perchè avesse qualcosa da dire, ma è come se avesse bisogno di uscire con una nuova opera, e ha scritto questo testo, la cui tesi appare esile e vaga.
In sostanza, l'autore parte da una tesi iniziale che non si cura neanche di argomentare, secondo cui la libertà è il bene e il male sarebbe tutto ciò che le si oppone.
Con questa visione manichea, affronta nei vari capitoli vari casi presi sia dalla letteratura che dalla storia, che ancora dal dibattito sociopolitico. Il risultato è che la discussione di casi così eterogenei, invece di portare chiarezza, porta al contrario confusione.
Partiamo quindi come l'autore dalla famosa leggenda del grande inquisitore che nel romanzo di Dostojevski "I fratelli Karamazov" Ivan racconta al fratello Alioscia. Incomprensibilmente, l'autore si affanna a confutare la tesi che vede l'inquisitore come il male: in realtà, questa è anche la tesi sposata dall'autore che piuttosto vuole confutare la pretesa, non si sa di chi, di vedervi una rappresentazione classica del male come contrapposizione al male.
Vi dirò come la vidi io quando, ancora adolescente, lessi questo romanzo. Per me, le tesi del grande inquisitore sono molto interessanti, per certi aspetti convincenti, e d'altra parte non vi dovrebbe essere dubbi che Dostojevski ponesse le due tesi contrapposte (quella dell'inquisitore e quella di Cristo) in maniera problematica e per nulla scontata. Ciò deriva dalla figura stessa di Ivan, una figura tragica e nobile: mai il romanziere avrebbe potuto porre le argomentazioni di Ivan come strumentali.
Qui quindi, abbiamo di fronte due tesi rispettabili che chiaramente hanno ben poco a che fare con la semplice contrapposizione tra ben e male. Cosa allora ha a che fare questa leggenda con il caso dei lager nazisti, tema affrontato nel successivo capitolo? Mentre la tesi dell'inquisitore rivendicano la volontà di salvare l'umanità dalla proporia incapacità di scegliere bene, i nazisti annullavano la libertà nei loro lager come effetto in qualche modo collaterale a quello del genocidio degli ebrei che perseguivano. Certo, le parole di Primo Levi citate a questo proposito sono nel contesto complessivo certo pertinenti ed illuminanti, e i lager nazisti certamente meritavano di essere considerati: il dubbio è se sia la leggenda del grande inquisitore a stare fuori posto in questo libro.
Infine, uil terzo caso citato è quello di un confronto neanche così interessantre a mio parere tra il famoso filosofo della scuola di Francoforte Adorno, e il sociologo di destra Gehlen su quanto tutti gli uomini siano in grado di affrontare le scelte connesse alla libertà: Cassano ci vuole forse dire allora, sulla falsariga del grande inquisitore, che Gehlen rappresenti il male? Sembrerebbe una conclusione conseguente, ma l'autore se ne guarda bene: ancora una volta si evidenzia come la leggenda narrata da Ivan ci stia fuori posto in questo libro.
Alla fine di queste analisi, quale sarebbe la conclusione che l'autore trae? Beh, è quella che uno dei fattori determianti del successo del male è la sua umiltà, la capacità cioè di confrontarsi, da pari a pari con le persone comuni, mentre il bene rappresnetato da seriosi teorici aristocratici tendono per loro stessa natura a disolarsi da questa gente comune.
Mi pare qui che a Cassano sfugga la differenza dei ruoli, che il teorico politico non può che riportare teorie inevitabilmente coerenti ed estreme, e che sta al politico l'umiltà di metterle in atto. Qui insomma non v'è un errore teorico sulla natura umana, se c'è, sta nella specifica teoria, quanto il fatto del tutto ovvio che dare attuazione a una teoria richiede capacità di mediazione, di saper scendere a patti, di trovare la giusta strada per conquistare il consenso.
Valeva allora la pena di scriverci su un intero libro, per quanto smilzo?

2 commenti:

  1. Bella cavolata!
    Il male è presuntuoso, saccente e intolletante , solo che è banale; è più facile dare e fare del male che costruire il bene.
    Forse hai ragione : pur di pubblicare si fa di tutto!
    Un caro saluto

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  2. lycopodium26/07/11, 17:14

    Interessante quanto dici sul c.d. Grande Inquisitore. Le mie letture, non integrali, risalgono al liceo e dunque oggi contano come la memoria rimastane, cioè quasi niente; sarebbe da rileggere tutto e bene.
    Ma se dovessi leggere e poi scrivere, direi che tutta la Leggenda è innanzitutto quella di Ivan, prima che quella di Fedor, poi che è quella di Fedor; e qui non escluderei un aspetto che è stato individuato da Alain Besançon, quello del “tolstoijevskismo”, ma che rimanda al Principe dei 3 Dialoghi di Soloviev. Puoi darmi dei ragguagli?

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