lunedì 16 maggio 2011

C'ERA UNA VOLTA UN PROGETTO DI EUROPA

Il cammino della costruzione dell’Europa è sempre proceduto nelle segrete stanze tra potenti che sempre hanno amato definirsi responsabili (anche su questo gli è andata male dove questo termine ha ssunto un significato dispregiativo…).

Tutti coloro che obiettavano che non si può fare l’unione economica senza uno straccio di unione anche politica venivano prontamente tacitati: lasciate fare a noi, non bisogna avere impazienze, vedrete che l’unificazione economica e monetaria causerà quasi automaticamente l’unificazione politica.

Anche al momento della stesura di quella che impropriamente ed illecitamente è stata chiamata la costituzione europea, si doveva stare zitti. A chi faceva osservare che una carta dei principi fondamentali che veniva stilata ed approvata senza l’intervento dei cittadini europei non può definirsi costituzione, semmai uno statuto, come quello che i sovrani benignamente concedevano ai loro sudditi, si spiegava che bisognava essere realisti, che essi sapevano il percorso giusto, che tutte queste obiezioni ostacolavano il cammino dell’unificazione europea. Sappiamo che poi anche quella timida elencazione di principi ha subito un drastico ridimensionamento, ed alla fine è stata approvata forzando le regole (facendo ad esempio rivotare lì dove era stata bocciata).

Infine, è dei giorni nostri l’attacco a Schengen e le dichiarazioni apertamente isolazioniste di governi e politici della destra populista, che non nascondono neanche più di utilizzare l’europa per interessi esclusivamente nazionali, come dichiara perfino il Presidente di turno dell’unione, ungherese.

Tutto ciò avviene in un drammatico scenario di crisi finanziaria, con nazioni come a Grecia e il Portogallo in aperta difficoltà, aiutate dal resto dell’europa in maniera incerta, così contorta da non far più capire se si tratti davvero di aiuto, oppure di ulteriore danneggiamento.

Insomma, non passa giorno che non manifesti le divisioni tra un paese e l’altro: niente politica estera in comune, niente politica della migrazione in comune, l’unica cosa il comune per chi vi ha aderito resta l’euro.

Siamo quindi in presenza di un’Europa impaurita e debole, debole perché impaurita, si tratti di flussi di migranti, o si tratti di tempeste monetarie. Ci vorrebbe una comune classe dirigente continentale che esprima una volontà forte, che possegga un forte progetto, ed invece proprio loro, i governanti, appaiono come deboli ed impauriti, privi di risposte alle sfide del presente.

In questo vuoto politico, l’unica cosa che governa davvero sono le istituzioni finanziarie, e così il centro del potere europeo è ormai rappresentato dalla BCE, che gode dell’autonomia per svolgere la sua politica monetaria: peccato che anch’essa appaia così succube ai grandi capitalisti mondiali a cui, invece di manifestare la propria autorità imponendo loro comportamenti adeguati, tenta di svolgere il ruolo di alunno diligente, quello che ha sempre i conti a posto, che, vedi maestro-banca d’affari, il mio compito è meglio di quello USA.

Questa, diciamocelo una buona volta, è l’Europa di oggi, ormai preda di una direzione del tutto inadeguata, incapace quindi di svolgere un qualsiasi ruolo che possa definirsi dirigente.

Per questo, mi preoccupo quando il giudizio sulla situazione italiana viene fatto paragonandoci al resto dell’europa. E’ una procedura sbagliata, perché purtroppo sarebbe vano oggi credere nell’esistenza di un modello europeo virtuoso. Come ho scritto ripetutamente su questo stesso blog, l’Italia è solo avanguardia di un processo di degrado che coinvolge ormai l’intero panorama delle grandi democrazie occidentali, così che le risposticchie proposte non possono risolvere i problemi a cui si rivolgono, ci vuole ben altro.

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