mercoledì 4 marzo 2009

L'IPERMEDICINA

Ho visitato, come penso molti di voi, il sito dell'associazione luca coscioni sul ddl sul testamento biologico, ma veramente è complicato, almeno per me che non sono un giurista, proporre un testo adeguato sulla base di una serie di emendamenti.
Io so però che andrebbe riformulato cosa intendiamo oggi per medicina, perchè questa pseudo-scienza sta diventando invasiva della nostra stessa vita.

Il problema della medicina si propone nel contesto della cosiddetta prevenzione. Cominciamo con l'usare i termini corretti: la prevenzione di cui si parla dovrebbe invece essere detta "diagnosi precoce". Ebbene, si predica difatti, una società di ipocondriaci che, pur percependo uno stato di salute, dovrebbero sottoporsi a una serie di analisi di ogni tipo, solo per verificare quello che già sanno: che stanno bene. Ma che vita sarebbe questa di sospettare sempre la presenza di malattie, che la nostra propria sensibilità non ci manifesta?
Non voglio escludere che singole e specifiche malattie, per le loro caratteristiche subdole, possano beneficiare di una diagnosi precoce che solo dei test strumentali possono individuare, ma farne la filosofia di fondo di una sedicente medicina moderna mi pare un altro, ulteriore elemento della follia in cui viviamo in questa nostra civiltà-inciviltà.
Poi c'è il capitolo, quello tra l'altro di maggiore attualità, della fine della vita: qui veramente si percepisce in pieno quanto uno sviluppo essenzialmente casuale della medicina intenda influenzare nel modo più soffocante la nostra personale esistenza. Ciò avviene a partire dal fatto che, se esiste un mezzo tecnologico, questo vada usato. Credo che sperimentiamo tutti nella nostra esperienza quotidiana quanto perfino l'oggetto più inutile, se prodotto, per il fatto di essere nuovo, finisce poi per essere venduto ed utilizzato.
Nel contesto della medicina, questo sviluppo tecnologico rischia di tradursi in un'intollerabile ingerenza nelle nostre scelte più personali, quelle che dovrebbero essere salvaguardate.
La legge dovrebbe ricordare nella maniera più netta che lo scopo della medicina, la sua stessa ragione di esistenza, sia quella di guarire, cioè di ripristinare, da uno stato di malattia, uno stato di salute. Questo noi chiediamo alla medicina,
· no di trasformare il nostro corpo seguendo i criteri estetici imperanti, come si fa nel settore della chirurgia estetica più spregiudicata.
· no di donare la maternità seguendo i nostri personali desideri
· no di donarci scampoli di immortalità, costringendoci a prolungare alcune funzioni vitali di base, anche in assenza di quegli aspetti che noi perfettamente sappiamo essere inerenti allo stesso concetto di vita
· no a una continua sequenza di analisi che ci rassicuri su ciò di cui dovremmo essere convinti, perché se sospettassimo di essere malati, significa automaticamente esserlo.
Io chiedo molto più di quello che viene detto dalla maggior parte di voi, che ognuno è libero di scegliere col testamento biologico. Io chiedo piuttosto che si definisca chiaramente quali sono i confini della medicina: aldilà di questi, non stiamo più parlando di medicina. Così, sarebbe ora di usare un nuovo termine, potrei proporre l’ ”ipermedicina”, proprio per indicare chiaramente che si tratta di un campo di estrapolazione delle conoscenze mediche dal loro precipuo campo di azione, a nuovi campi. Non vorrei costringere nessuno nelle condizioni di Eluana all’interruzione delle funzioni vitali di base, ma per favore, non chiamiamola più medicina. Questo è quello che ritengo sia un campo di battaglia ideologico, e pertanto fondamentale: l’uso delle parole è davvero quello che determina le condizioni fondamentali dell’esistenza, visto che noi viviamo in un universo simbolico da quando nostra madre c’ha insegnato il linguaggio.

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